Il compiacimento di democrazie senza Demos

Il compiacimento di democrazie senza Demos

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Tempo di lettura: 2 min

Di Andrea Zhok (Professore di Filosofia Morale all’Università di Milano)

A guardare i giornali oggi troviamo un alternarsi di grida di giubilo per lo scampato pericolo (l’incubo Trump, l’abisso trumpiano, ecc.) e storie multicolori e folcloristiche che narrano le vicende personali di questo o quel personaggione tra i supporter di Trump.

E’ naturalmente molto consolante credere che si sia sempre di fronte a ‘mele marce’, ‘casi clinici’, bizzarrie e scherzi del destino, che sciaguratamente e occasionalmente fanno incespicare il passo delle democrazie occidentali, in corsa a rotta di collo verso il futuro.

Che sia la “racaille” di cui parlava Sarkozy o il “white trash” che si dà un tono con copricapi tribali e tatuaggi razzisti, tutto ciò appare agli occhi della borghesia benpensante, e soprattutto DEMOCRATICA, del mondo libero come la prova provata di essere nel giusto, e che i cattivi in fila indiana stanno dall’altra parte, e che sono così abissalmente cattivi, così folli, incomprensibili, assurdi, che tutto ciò che siamo chiamati a fare prima di volgergli le spalle schifati, è solo prenderli un po’ in giro, garbatamente, come sappiamo fare noi.

Nessuna illusione, beninteso. 

I cattivi sono davvero cattivi, e maleodoranti, e maleducati.

Solo che questa non è di nessuna consolazione, come cent’anni fa non è stato per nessuno una consolazione sapere che Hitler era un patetico figuro, cui Hindenburg non voleva stringere la mano, o che gli squadristi erano degli spostati usciti disturbati dalla guerra, ecc. 

Le consolazioni morali e personalistiche nella storia stanno a zero. 

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Il problema, segnalato non certo per la prima volta dal recente episodio di Capitol Hill, è che negli USA, ma in effetti un po’ ovunque in tutto l’Occidente, le democrazie appaiono a fasce sempre più ampie della popolazione come vuote finzioni prive di rappresentanza. 

La democrazia, le istituzioni, con i loro riti e il loro bon ton, con le loro preoccupazioni estetiche e moraleggianti, palesano la loro perdurante incapacità di cambiare alcunché nei meccanismi strutturali dell’economia e dell’ambiente, della miseria e della malattia. 

Che di volta in volta l’elezione di qualche bruto sgrammaticato non rappresenti una soluzione, e finisca nel fango, non costituisce proprio nessuna consolazione (salvo che per i quaquaraquà dell’informazione di regime). 

Perché i bruti sgrammaticati e le plebi senza speranza, le famiglie disfunzionali e i patetici terrapiattisti, i seguaci di sette improbabili e di milizie terroristiche tutti questi sono coltivati accuratamente da quel sistema che sorride impomatato a sessantaquattro denti da programmi politicamente corretti, dal sistema che mette in piedi riti elettorali dove si sceglie tra i soliti inutili noti, dal sistema che esiste solo per autoperpetuare il potere del denaro e dei suoi cultori. 

Se il “popolo fa schifo”, cari i miei “democratici”, questo non è una ragione per compiacersi della propria benpensante superiorità, ma è il segno di un fallimento epocale, il vostro.

Tratto da: L’Antidiplomatico

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