Di Vincenzo Musacchio
Mi è capitato di nuovo. Prima di Natale sono stato invitato a parlare di mafie – come faccio ormai da trent’anni – dai ragazzi di una provincia del Nord. Al primo accenno sulla presenza della mafia in quel territorio i ragazzi rimangono disorientati ma ascoltano attentamente quando parlo loro di invisibilità delle infiltrazioni mafiose. Mentre cerco di spiegare le nuove modalità d’infiltrazione mafiosa, un giornalista mi fa notare che in quella provincia non ci sono infiltrazioni comprovate e che quindi la mia affermazione non sia suffragata dai fatti: testualmente, “qui non abbiamo infiltrazioni mafiose”. Mi soffermo sulle nuove caratteristiche delle mafie, sulla loro invisibilità, sulle collusioni con la cd. “area grigia”. Non c’è nulla da fare, il giornalista insiste: in quella provincia non ci sono infiltrazioni mafiose. Siamo in Lombardia e cioè nella quarta regione d’Italia come presenza mafiosa dopo Calabria, Sicilia, Campania e Puglia. Faccio notare che anche il Prefetto abbia più volte evidenziato il problema che ho sollevato emettendo anche alcune interdittive antimafia. Nulla da fare, il giornalista sostiene la sua tesi affermando che in quella provincia ci sia un’alta resistenza sociale alle infiltrazioni mafiose e che quindi quella sia un’isola felice. Provo a far comprendere che il saper riconoscere un fenomeno complesso, individuarne gli elementi identitari ed essere in grado di definirlo con analisi specifiche, rappresenta il primo passo fondamentale per un’efficace azione di prevenzione e di contrasto. Faccio notare persino che i “reati spia” in quella provincia sono aumentati dell’1,8% rispetto a tutte le altre province della Lombardia. Nulla. Non c’è verso di farlo riflettere, per cui, mi arrendo. So, purtroppo, che quello della negazione, per cui le mafie non possono e non devono esistere, sia un ritornello che ho udito tante volte.
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Negarne l’esistenza e sottovalutarne il potere riducendolo a semplice fenomeno criminale sono convinto sia il più grande favore che si possa fare alle mafie. Ho ripetuto più volte ai ragazzi che nei confronti degli atteggiamenti mafiosi serve un’attenzione altissima e una reazione ferma da parte di tutti. Il grande lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura è spesso inficiato proprio dalla sottovalutazione che la società civile finisce per riservare nei confronti dei poteri mafiosi, come se negando riuscissimo a estrometterli dai nostri territori. Ritengo che sia necessario, oggi più che mai, che ogni cittadino di questa Nazione dica di no alle mafie e lo dica a gran voce. Charles Baudelaire sosteneva saggiamente che la più grande astuzia del diavolo fosse di farci credere che non esistesse. Negare l’esistenza delle mafie dunque è un grande errore che esse sfruttano sapientemente. Servono comportamenti coerenti giorno dopo giorno, anche se questo può costare molti sacrifici specie in alcuni territori del nostro Paese. All’esimio giornalista dico che le mafie si muovono affinché non si riconosca la loro esistenza, che non se ne parli affatto o se ne parli poco, così da tenere il più lontano possibile le luci dei riflettori. Le nuove mafie crescono nella clandestinità e nell’ombra e vivono il territorio perfettamente mimetizzate. Personalmente diffido di chi sostiene la tesi per cui le mafie non esistono o, nel peggiore dei casi, che siano poco più di un fenomeno criminale ordinario. È bene stare molto attenti da questi individui e dalle loro argomentazioni esecrabili. Ricordo che la criminalità organizzata moderna vanta caratteristiche nuove e che nella sua versione globalizzata e transnazionale è oggi uno delle emergenze più critiche per la nostra società. Occorreranno quindi nuove strategie di lotta che non si fermino solo al territorio nazionale, ma proseguano in tutte le possibili ramificazioni anche internazionali. Nonostante questi sforzi necessari, temo, tuttavia, che ci sarà sempre qualcuno che dirà: “La mafia qui non esiste”!
Tratto da: Antimafiaduemila
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