La Terra ci implora, ma l’uomo resta avido

La Terra ci implora, ma l’uomo resta avido

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Tempo di lettura: 1 min

Di Elena Borsellino

In tempi in cui il mondo dell’informazione si concentra su argomenti come l’emergenza sanitaria del Coronavirus, i semi lockdown, le zone gialle, rosse ed arancioni, le elezioni presidenziali Usa e la crisi economica, ci sono notizie che, nonostante la loro gravità, vengono messe in secondo piano.
Notizie come quella della moria di pesci nel Mara River che sta mettendo a rischio la sopravvivenza di oltre un milione di persone in Kenya e Tanzania, oltre a quella di decine e decine di altre specie animali già a rischio di estinzione.
Uno studio del Wwf dimostra come la causa della moria di pesci e della grave perdita di biodiversità sarebbero le sempre più intensive attività umane.


Per non parlare che lungo il bacino vi è una grave corsa alle risorse, sempre minori, che mette in competizione i due Paesi, generando conflitti e tensioni.
Spiega il Wwf il rischio che corrono in particolare le popolazioni che dal fiume traggono vita. Saranno loro i primi a patire la fame e la sete, anche tenendo conto che proprio il Mara River è l’unica fonte d’acqua durante la stagione secca.
Nonostante la Terra ci stia implorando in tutti i modi di smetterla con la nostra corsa all’autodistruzione l’uomo, mettendo in atto assurde attività intensive di sfruttamento, mostra tutta la propria avidità e follia. Un’avidità che trova consenso nel menefreghismo del mondo occidentale, di cui noi facciamo parte. E i primi a rimetterci sono le popolazioni che vivono a più stretto contatto con la madre Terra, a partire dai nostri fratelli in Africa o in Sud America. Le scelte quotidiano che facciamo hanno un peso e la lotta a questo sistema malato ancora di più. Non solo dovremmo fermarci a riflettere, ma dovremmo agire, cercando di mettere fine al peggio. Prima che sia troppo tardi.

Tratto da: Antimafiaduemila

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