Report racconta i retroscena della politica regionale lombarda

Report racconta i retroscena della politica regionale lombarda

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Un vero e proprio sistema di potere tra conflitti d’interesse, appalti truccati, nomine pilotate e l’ombra di infiltrazioni della ‘Ndrangheta, che dalla città di Varese sarebbe arrivato al comando della regione Lombardia. Di tutto questo ha parlato ieri la puntata di Report, in onda su Rai 3, nell’inchiesta dal titolo “La Capitale Immorale”, di Giorgio Mottola con la collaborazione di Norma Ferrara, Federico Marconi, Giovanni De Faveri con cui il programma è tornato ad occuparsi dello spinoso capitolo della politica e della sanità lombarda, visto che già nel maggio scorso si era occupato dello “scandalo dei camici” del cognato di Fontana.
Secondo il programma condotto da Sigfrido Ranucci vi sarebbe un sistema di potere che da anni avvolgerebbe la Regione Lombardia e il Presidente Attilio Fontana si sarebbe fatto spazio a suon di conflitti di interessi, carriere decise nei tavolini dei bar ed anche agevolazioni, con diverse consulenze che l’Asst Nord Milano avrebbe affidate alla figlia del Governatore, Maria Cristina.

Il consigliere occulto della giunta Fontana
Secondo il filo riannodato nell’inchiesta la presunta rete di corruzione avrebbe esercitato la sua attività in un pub di Gallarate chiamato “Haus Garden Cafè”, dove uomini delle forze di polizia e politici facevano la fila per ricevere “un aiuto” da Nino Caianiello, potente politico corsista ed anche noto come il “mullah”, il “ras delle nomine” e “mister 10%” (per la percentuale che pretendeva dai candidati che piazzava nelle amministrazioni locali e nelle municipalizzate). Un soggetto che sarebbe stato anche legato all’ex senatore Marcello Dell’Utri.
Caianiello è stato anche arrestato nel maggio 2019 per corruzione nell’inchiesta “Mensa dei poveri”. Il programma di Rai 3 lo ha raggiunto e intervistato riguardo il ruolo che avrebbe avuto sulle nomine della giunta regionale attualmente guidata da Fontana. Nel corso dell’intervista “il Mullah” ha definito Fontana una sorta di “front office”, un politico che mette la faccia su decisioni di altri.
Ed è in questa logica che potrebbero essere lette alcune intercettazioni registrate tra Fontana e Caianiello: “Hai visto che i tuoi… i tuoi consigli li hi seguiti quasi tutti…” diceva il Presidente dopo aver definito la lista dei suoi assessori.
“Non te ne pentirai vedrai, non te ne pentirai…” rispondeva Ninuzzo, come lo chiamava Fontana. E poi ancora diceva quest’ultimo: “Non è male, non è male la giunta secondo me”. “Assolutamente… no… no è messa bene…” concludeva Caianiello. “Io ho vissuto più la gestione politica del partito – ha detto il politico forzista al giornalista Giorgio Mottola -. Mentre Attilio era la persona da proporre. Non è lui il gestore della questione politica, se vogliamo dirla così”.
Caianiello ha anche spiegato come hanno avuto origine le nomine di due tra gli assessori più influenti in Regione, Raffaele Cattaneo (all’Ambiente) e Giulio Gallera (alla Sanità), confermando quanto emerso dalle intercettazioni di “Mensa dei poveri”. “Attilio disse: “vedi che ho seguito il tuo consiglio, Raffaele entra in giunta con l’incarico all’ambiente””. E su Gallera: “Sapevo che c’era questa legittima aspettativa da parte di Gallera. Io dico: per me Gallera va bene”. “Risponde un po’ agli ordini Fontana?” ha chiesto Mottola. “Non ordini, agli accordi”. “Attilio Fontana è un po’ un front office?”. “E’ un front office”.

L’infiltrazione della ‘Ndrangheta
Altro aspetto emerso nell’inchiesta di Report riguarda le infiltrazioni della ‘Ndrangheta calabrese, in grado ormai di decidere giunte comunali e sindaci: tutto, peraltro, alla luce del sole.
Ed è stato portato l’esempio del comune di Lonate Pozzolo dove l’ex sindaco Danilo Rivolta, fedelissimo di Caianiello, ai microfoni di Report ha addirittura dichiarato che per la sua elezione ci fu una confluenza di voti della ‘Ndrangheta in cambio di un assessorato. Rivolta attualmente si trova accusato a vario titolo per corruzione elettorale e scambio elettorale politico mafioso. Oltre a Rivolta, nell’inchiesta “Krimisa” sono indagati Peppino Falco, coordinatore regionale dei Cristiano Democratici, Federica Francesca De Novara, ex assessore a Lonate Pozzolo, suo padre e imprenditore Salvatore De Novara e Cataldo Casoppero.

Fontana sindaco di Varese
L’ultimo filo dell’inchiesta ha riguardato il Presidente Fontana in prima persona, quando, molti anni prima che arrivasse a conquistare la presidenza della Regione Lombardia, da sindaco di Varese, avrebbe modificato la destinazione d’uso – da area verde a edificabile – di un terreno di 4000 metri quadrati ereditato nel 2012 dalla figlia Maria Cristina Fontana.
In riferimento alla vicenda, Report ha intervistato un ex dirigente del comune di Varese e del consigliere comunale del Pd Andrea Civati. “All’epoca il terreno era iscritto al catasto come area esclusivamente verde – ha detto il funzionario -. Ma poi la giunta Fontana ha modificato il piano regolatore del Comune e i 4000 metri della figlia sono diventati edificabili”. “Dai verbali del consiglio comunale – ha continuato Civati – non risulta una dichiarazione sul conflitto d’interessi del sindaco Fontana”.
“Vogliono colpire la Lega e la Lombardia” si è difeso Fontana, che minaccia di querelare la trasmissione Report. Secondo il presidente della Lombardia le pressioni della ‘Ndrangheta per condizionare le scelte sulla sanità sono “illazioni vergognose fatte per suggestioni incomprensibili ed inaccettabili”.
Il Governatore lombardo è anche intervenuto rispetto alle consulenze di sua figlia avvocato, Maria Cristina, incarichi assegnati dall’Asst Nord Milano, “aveva degli incarichi assolutamente trasparenti da un’assicurazione che poi era anche un’assicurazione di un’Asst”.

Tratto da: Antimafiaduemila

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