Un altro incendio a un deposito di rifiuti, probabilmente di origine dolosa, ha colpito la Lombardia pochi giorni fa. La situazione sta diventando preoccupante, qualcosa nella gestione e nella produzione di rifiuti deve essere cambiato. Il cambiamento non può che partire da una presa di consapevolezza popolare, non solo per produrre meno rifiuti o utilizzare più materiali eco compatibili ma anche semplicemente perché se tutti diventassimo consapevoli nessuno si metterebbe a speculare sulla gestione dei rifiuti o ad appiccare incendi…
«Chiudete le finestre appena sentite odore di fumo». L’avviso del Comune di Codogno arriva mercoledì 28 in tarda mattina, quando i vigili del fuoco ancora stanno cercando di spegnere gli innumerevoli focolai dell’enorme rogo – più che probabile l’origine dolosa – che dalle 23.30 di martedì 27 sta divorando un deposito di rifiuti nella zona industriale della Mirandolina. La terra dei fuochi ne ha prodotto un altro (in Lombardia quest’anno già superata quota dieci): nel Lodigiano è la Ggm Ambiente di Codogno a bruciare, un impianto autorizzato in cui vengono trattate 10-15 tonnellate al giorno di rifiuti speciali, anche pericolosi.
Martedì 27 Agosto la Ggm Ambiente di via La Malfa 2 era al di sotto della massima capacità quando le fiamme hanno iniziato a propagarsi tra i cumuli, con carta e oli minerali a fare da combustibile. I vigili del fuoco di Lodi (più Casalpusterlengo e Sant’Angelo) da soli non ce la fanno: arrivano rinforzi da Milano, Cremona, Piacenza. Ma la situazione è già compromessa. Carta e cartone, plastiche, gomma, solventi e vernici, autocarri e muletti: tutto liquefatto. «Siamo riusciti solo a salvare parte degli uffici», annoterà il comandante dei vigili del fuoco di Lodi Giuseppe Di Maria. Anche parte del tetto è collassata, rendendo se possibile ancora più arduo il compito dei vigili del fuoco di trovare eventuali inneschi. Perché che l’incendio sia di origine dolosa è probabile, anche se i carabinieri del nucleo forestale ancora non si esprimono. La temperatura elevata al punto di innescare il «flash over», fenomeno per cui ogni oggetto prende fuoco contemporaneamente per via dei gas roventi, «non ci permette di avvicinarci», racconta un capo squadra.
Ma due dati sono certi. Primo: l’Arpa aveva già segnalato irregolarità nel capannone a inizio agosto. Secondo: quello di Codogno è l’ennesimo rogo di un deposito di rifiuti in Lombardia. Ventidue solo nel 2018, già oltre 50 negli ultimi due anni. Non siamo di fronte a un caso Corteolona bis o a una Bovisasca (il deposito di via Chiasserini bruciato nell’ottobre 2018 che portò la Dda a scoperchiare un vasto sistema di gestione illecita dei rifiuti in Lombardia). Codogno assomiglia più al caso della Effec2 di Settimo Milanese del 9 luglio: il deposito era regolarmente autorizzato, «fino a duemila metri cubi», precisa Arpa. Il titolare Giorgio Galli non sa darsi una spiegazione: «Avevamo già avuto un lieve incendio a fine giugno scaturito da alcuni Raee (scarti elettronici), ma l’impianto aveva tenuto bene. Qui non riesco a capire cosa sia successo». Che sia autocombustione, è escluso. Che sia doloso, più che probabile, filtra dagli inquirenti. Arpa Lombardia ha anche precisato che l’azienda aveva subito un controllo «a sorpresa» a inizio agosto. Ed erano emerse irregolarità tali da convincere l’Agenzia «a informare l’autorità giudiziaria e a procedere con ulteriori verifiche ispettive, programmate nei prossimi giorni».
Prove da cancellare? Avvertimenti o vendette? Un malfunzionamento? Lo chiariranno carabinieri e procura di Lodi (aperte due inchieste). I tecnici hanno installato un campionatore ad alto volume per verificare la dispersione di diossine. I risultati arriveranno a giorni. Il rogo del Lodigiano va a riempire un mosaico di «fuochi» che dall’anno scorso ha colpito in ogni provincia della Lombardia. Corteolona e Ipb hanno scoperchiato il sistema di traffico illecito, ma ci sono anche i roghi della Valcart in Valcamonica ad aprile e un deposito bruciato un mese prima a Mariano Comense. «A Codogno nessun allarme per la popolazione – garantisce l’assessore regionale all’Ambiente Raffaele Cattaneo -, ma sulla prevenzione teniamo la guardia alta: abbiamo già attivato la mappatura geolocalizzata degli impianti e le aree a rischio sono monitorate con immagini satellitari e droni». Ribatte Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia: «La Regione riconsideri le autorizzazioni agli impianti che incappano in incidenti di questo tipo e non ne conceda altre».
Fonte: Corriere della Sera