di Geraldina Colotti
“Mike Pompeo, Go Home”. Esordisce così l’appello sottoscritto da partiti, associazioni, militanti sindacali e per la libertà dei popoli che respinge la visita in Italia del Segretario di Stato USA, Mike Pompeo. L’ex capo della Cia arriverà all’aeroporto di Roma-Ciampino domani 29, dopo una visita in Grecia.
Oltre agli incontri con il governo italiano, Pompeo ne ha in programma uno in Vaticano: ma non con il papa Bergoglio, che ha declinato l’invito. La ragione diplomatica addotta è quella che il pontefice non è solito ricevere rappresentanti di paesi che si trovino in periodo elettorale, e le presidenziali negli Stati Uniti si svolgeranno il 3 di novembre.
Di certo, però, non erano state gradite le dichiarazioni roboanti di Pompeo, che aveva chiesto al papa di stracciare l’intesa con il governo cinese, siglata due anni fa e che dovrebbe essere rinnovata nelle prossime settimane. “A rischio – aveva detto Pompeo – è l’autorità morale della Santa sede”.
Se si guardasse dietro lo schermo potente della propaganda, gli Stati Uniti avrebbero sempre meno motivi per ostentare la solita arroganza imperialista, soprattutto dopo la pandemia da coronavirus, che ha fatto registrare un tasso di mortalità 256 volte maggiore di quello della Cina.
Gli USA dipendono peraltro in modo sostanziale dalle importazioni provenienti dalla Cina, a fronte di un progressivo indebolimento del dollaro e di un inarrestabile esaurimento delle riserve di idrocarburi, in un paese che è il maggior consumatore di petrolio (e di droga, sia detto per inciso), pur avendo una popolazione di numero 4 volte minore di quella della Cina.
Un “impero” che, se le agenzie di qualificazione del rischio non fossero dei grossi comitati d’affari del grande capitale a livello internazionale, verrebbe considerato un paese a rischio. Ma per mantenere il profitto di quel 10% più ricco che possiede il 75% della ricchezza del paese – gli USA hanno il tasso di disuguaglianza più elevato tra tutti i paesi occidentali – occorre reimpostare l’egemonia, consolidando le alleanze, anche in Europa, attraverso l’economia di guerra e il complesso militare-industriale.
Fondamentale è prendere possesso dei paesi del sud che posseggono risorse cruciali, assoggettando governi recalcitranti, e rafforzando il “prestigio vicario” dei propri gendarmi nelle zone strategiche: Israele in Medioriente, o la Colombia in America Latina.
Scrivono i firmatari dell’appello: “L’ex capo della CIA è un criminale di guerra: capace di imporre “sanzioni” ai popoli in piena pandemia, per spingerli a ribellarsi contro i loro legittimi governi, mettendo al loro posto marionette gradite alla Casabianca. Un criminale di guerra intenzionato a soffocare il popolo di Palestina, che viene qui per blindare ancor di più l’Italia nell’economia di guerra della Nato, e posizionarla nella “guerra fredda” contro la Cina”.
Nell’agenda degli incontri di Pompeo, infatti, vi sono le nuove misure coercitive unilaterali imposte, per quanto riguarda il Venezuela bolivariano, persino a quegli esponenti dell’opposizione moderata che, rifiutando la via golpista patrocinata da Trump, hanno deciso di partecipare massivamente alle elezioni parlamentari del 6 di dicembre.
Un appuntamento osteggiato anche dall’Unione Europea che, al di là dei conflitti commerciali, finisce sempre per accodarsi agli USA contro il “nemico comune”: ovvero il socialismo, foss’anche nella versione “umanista” proposta dal Venezuela bolivariano.
Così prosegue l’appello: “Denunciamo il feroce blocco economico-finanziario-commerciale contro Cuba, ulteriormente inasprito a fini elettorali, nonostante il grande impegno solidale dei suoi medici durante il corso della pandemia, anche nel nostro Paese. Denunciamo le costanti violazioni dei diritti umani compiute dall’amministrazione Trump contro il popolo del Venezuela, con la complicità dell’Unione Europea. Denunciamo il furto delle imprese e dei beni all’estero della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Una vera e propria operazione di pirateria internazionale, compiuta dalle banche europee e statunitensi anche grazie all’azione del burattino “autoproclamato” Juan Guaidó: un patetico pinocchio che serve da prestanome per aumentare la pressione contro il Venezuela”.
Un appello che, seppur in pochissimo tempo, ha ricevuto numerosissime e qualificate adesioni, a partire dalle forze politiche non subalterne agli USA, presenti con le firme di quasi tutti i loro principali dirigenti: dal Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea (Maurizio Acerbo, Marco Consolo…), a uno dei due portavoce di Potere al Popolo, Giorgio Cremaschi, al Partito Comunista (Marco Rizzo), al Partito Comunista Italiano (Mauro Alboresi). Molte anche le adesioni di riviste quali Cumpanis, diretta da Fosco Giannini, già senatore della Repubblica, o La Città Futura. E dei collettivi politici, come il Laboratorio politico Gramna, il Collettivo autonomo lavoratori portuali (CALP), il Collettivo comunista Genova City Strike. Presenti anche giornalisti, blogger e due strutture della comunicazione alternativa internazionale, come le Brigate internazionali della comunicazione solidale (Brics-Psuv Italia), e il Consiglio nazionale e internazionale della comunicazione popolare (Conaicop).
Dice ancora il comunicato, respingendo ogni tipo di ingerenza da Parte dell’Unione Europea: “Esigiamo che il governo italiano rispetti la volontà del popolo sovrano e le istituzioni del Venezuela bolivariano, che si avvia a celebrare nuove elezioni parlamentari il prossimo 6 dicembre. Si tratta della 25ma consultazione elettorale in 20 anni di socialismo bolivariano, vero e proprio laboratorio di una democrazia partecipata, dove i settori popolari hanno voce e voto. A differenza dell’Italia dove sono esclusi dalla partecipazione per colpa di una politica ridotta a gioco di palazzo e a salvaguardia degli interessi di pochi”.
Per adesioni-mail, questo è l’indirizzo:
bricspsuvfirme@gmail.com
Leggi la lettera aperta ‘Mike Pompeo Go Home!’
Tratto da: L’Antidiplomatico
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