Sono sempre meno i tafferugli tra le strade americane. Le violenze e i disordini dei primi giorni provocati dalla morte dell’afroamericano George Floyd sono ormai episodi isolati e le fiamme che prima incendiavano negozi e automobili ora invadono, metaforicamente, l’amministrazione statunitense che ora attraversa un periodo di scontri intestini dovuti all’impropria risposta alle proteste. Questo mentre alla vigilia degli attesi funerali a Minneapolis, l’attorney general del Minnesota Keith Ellison ha aggravato l’imputazione per l’ex agente Derek Chauvin da omicidio colposo a omicidio volontario. Chauvin ora rischia sino a 40 anni di carcere. Sempre il procuratore generale del Minnesota ha ordinato l’arresto dei suoi tre colleghi, Aleksander Kueng (consegnatosi spontaneamente), Thomas Lane e Tou Thao accusandoli di complicità. Come chiedevano i famigliari di Floyd che ora hanno commentato la notizia come “un passo importante verso la giustizia” e i manifestanti che hanno infiammato il Paese per una settimana.
Nel frattempo le grandi manifestazioni che ancora si tengono in gran parte d’America hanno travolto molti dei rappresentanti delle istituzioni e del governo. Tra questi il capo del Pentagono Mark Esper, accusato di aver politicizzato l’esercito. Esper è uscito allo scoperto in una conferenza stampa prendendo le distanze dal presidente Donald Trump sia dalla sua minaccia di usare le truppe per fermare le rivolte che dalla sua controversa messa in posa con in mano la Bibbia davanti alla St. John Church, di fronte alla Casa Bianca, dopo aver fatto sgomberare la folla con lacrimogeni e proiettili di gomma. Il segretario alla Difesa si è detto contrario ad invocare l’Insurrection Act del 1807, la legge che consente di impiegare le truppe contro i disordini e che fu usata l’ultima volta nel 1992 contro le sommosse a sfondo razziale scoppiate nella città di Los Angeles.
“L’opzione di usare l’esercito nel ruolo di polizia dovrebbe essere l’ultima spiaggia e solo nelle situazioni più urgenti e gravi ma ora non siamo in uno di questi momenti“, ha spiegato, sconfessando così Trump. “Il mio obiettivo è quello di tenere le forze armate fuori della politica“, ha assicurato, anche se nel frattempo 1600 soldati sono stati schierati nei dintorni della capitale per intervenire in caso di necessità. Esper ha confessato che lunedì sera sapeva che avrebbe accompagnato il Tycoon alla chiesa di St. John ma non che avrebbe partecipato ad una ‘photo opportunity’ con Trump che reggeva in mano la Bibbia accanto a vari esponenti dell’amministrazione: una “strumentalizzazione politica” criticata dai principali vertici religiosi.
Della presa di distanza da parte del Chief del Pentagono, secondo la mittente CNN, il presidente si è detto “non contento”. Al momento ha parlato solo la portavoce Kayleigh McEnany, con due dichiarazioni affatto rassicuranti. “Al momento Mark Esper è ancora segretario alla Difesa e se il presidente perde fiducia in lui ve lo faremo sapere“, ha detto. Trump, ha aggiunto, “userà l’insurrection Act, se necessario”.
Fonte: ANSA, Antimafiaduemila
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