Le loro case sono state inondate dal fango e in un solo giorno, il ciclone Amphan ha già distrutto numerosi villaggi. Almeno 19 milioni di bambini che vivono in India e Bangladesh sono a rischio per le inondazioni, le tempeste e le forti piogge, così come quasi 900mila rifugiati rohingya, che sono tra le tribù più vulnerabili.
Come se non bastasse la pandemia di Covid-19, in queste ore milioni di persone stanno affrontando l’ennesima emergenza: il ciclone Amphan si è abbattuto con violenza al confine tra India e Bangladesh e una potenza così non si vedeva dal 1999. Mamata Banerjee, governatore del Bengala occidentale in India, ha affermato che si parla di “un disastro mai avuto in queste proporzioni”.
Villaggi distrutti, case devastate, alberi sradicati e ancora strade allagate. Ci sono 90 morti, ma sono tanti gli scomparsi. Ne avevamo parlato ieri, il ciclone ha toccato punte con venti fino a 185 km/h prima di arrivare a terra, con onde sulla costa alte fino a 4-5 metri e piogge devastanti. A pagarne le conseguenze sono soprattutto i bambini, 19 milioni secondo l’Unicef che adesso, sono sfollati e si trovano in rifugi temporanei. Alcuni sono rimasti soli e nei loro occhi c’è la disperazione. Bambini che dovrebbero soltanto vivere un’infanzia serena e che si ritrovano a dover scappare per sopravvivere a una catastrofe naturale. Una situazione drammatica poi, perché nei rifugi potrebbero scoppiare infezioni, oltre il Covid-19.
Accanto a questi bambini, cui non è rimasto nulla, c’è anche una delle popolazioni più vulnerabili del Bangladesh: i quasi 900mila rifugiati rohingya che vivono nel Cox’s Bazar in Bangladesh e che, come spiega Save the Children, vivono già in condizioni precarie e di povertà nei campi profughi. Sono una delle minoranze più perseguitate al mondo, e già in condizioni normali non hanno cibo a sufficienza o acqua potabile, e in questo stato di totale incertezza aumentano i rischi di abuso, sfruttamento o traffico dei bambini.
I soccorsi
Squadre di soccorso stanno cercando i sopravvissuti. Ma l’acqua è alta soprattutto nei villaggi costieri e non c’è elettricità. Fortunatamente, l’evacuazione di massa, ha salvato molte vite, ma la maggior parte dei decessi è stata causata da alberi sradicati da venti fortissimi. “Non ho mai visto un ciclone simile in vita mia. Sembrava la fine del mondo. Tutto quello che potevo fare era pregare”, spiega Azgar Ali, 49 anni, residente nel distretto di Satkhira nel Bangladesh.
“Continuiamo a monitorare da vicino la situazione”, ha dichiarato Jean Gough, direttore regionale dell’Unicef per l’Asia meridionale. La sicurezza dei bambini e delle loro famiglie nelle aree che sono colpite è una priorità”.
Molte case non ci sono più, i tetti in lamiera sono stati portati via dal vento, ma la marea ha sommerso anche parte della foresta. Molte zone sono rimaste isolate e le persone che vivono in zone remote non hanno possibilità di accedere agli aiuti.
Le autorità sono comunque riuscite a evacuare più di tre milioni di persone, ma lo sforzo si è concentrato sulle comunità che si trovano direttamente sul percorso del ciclone, lasciando esposti gli abitanti di molti villaggi limitrofi.
Tratto da: GreenMe