“Davanti a una decrescita tragica”. Intervista a Corrado Augias

“Davanti a una decrescita tragica”. Intervista a Corrado Augias

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Tempo di lettura: 4 min

Di Giuseppe Fantasia

Cosa ci insegnano momenti come quelli che stiamo vivendo in questi giorni di emergenza Coronavirus? Dal punto di vista personale, per uno come Corrado Augias – 85 anni, giornalista, scrittore e conduttore televisivo tra i più amati – non è cambiato poi molto. “Vivo già normalmente a casa, perché leggo e scrivo di mestiere e l’unica differenza rispetto a prima è che potevo andare in palestra e adesso no”, spiega a telefono all’HuffPost dalla sua casa romana a Monti Parioli.

-“Il vero cambiamento c’è stato invece dal punto di vista collettivo – aggiunge – e gli insegnamenti sono parecchi e doverosi. Stiamo infatti facendo una prova generale di decrescita. Anche in Italia, soprattutto alcuni movimenti politici, hanno teorizzato la decrescita felice, ma questa a cui stiamo invece assistendo è una decrescita tragica, perché conta sui morti. È anagrafica, sfoltisce i più anziani e alleggerisce i conti della previdenza sociale. Ha connotati di tragedia, ma è una decrescita. L’acqua dei canali di Venezia è più pulita, il cielo di Roma è tornato respirabile e sulla Pianura Padana c’è stata una riduzione consistente dell’inquinamento. Tutto questo quanto lo pagheremo? È questa la domanda che ci si deve porre. Quando si raggiunge un certo livello di benessere e di consumi sociali, tornare indietro è una cosa quasi impossibile. Questo tornare indietro – che sicuramente ci sarà – temo che avrà un prezzo molto alto”.

Lei ha paura?

-“No, non ho paura. Sono un uomo anziano, hanno detto che gli over settanta sono i più esposti e io, avendoli superati da un po’, sono dunque molto esposto. Cerco comunque di essere prudente. La prudenza è l’unica cosa e va consigliata anche ai ventenni, perché il virus non è che fa poi tanta differenza”.

-vista la situazione, il Ministro delle Politiche Giovanili e dello Sport Vincenzo Spadafora ha dettoche bisognerebbe evitare attività sportive all’aperto e che se dovranno essere ancora più chiari nella loro linea in un prossimo decreto, lo faranno: è d’accordo?

-“Dipende. Immagino che lui l’abbia detto pensando a dei raggruppamenti di persone, ma se io da solo vado in un viale o in un prato e faccio degli esercizi di ginnastica o corro, non danneggio né vengo danneggiato. La raccomandazione generale del ministro è riferita al fatto che spesso queste attività vengono fatte in gruppo o in spazi dove si sta in parecchi, ma se uno è da solo e vuole fare esercizio fisico o semplicemente passeggiare, non ne vedo il problema. Il virus non circola nell’aria, ma si trasmette e viaggia nel corpo umano, con il sudore e la saliva, con il contatto”.

A proposito di passeggiate: cosa ne pensa del Papa che pochi giorni fa ha attraversato una parte di via del Corso a piedi?

-“Ha fatto male. Credo che abbia sbagliato e non ha dato un buon esempio. È un sant’uomo, è un uomo di fede, quindi doveva fare l’implorazione al crocifisso della peste e pregare. Sono dei gesti doverosi per il primo dei sacerdoti, però anche un po’ inutili, perché sconfinano nella superstizione”.

Il premier inglese Boris Johnson ha parlato prima dell’inquietante “terapia del gregge” e poi ha cambiato in parte idea invitando i cittadini a evitare contatti e a non recarsi in pub e teatri: che idea si è fatta di lui?

-“Bah, pensi che suo padre ha detto che lui continuerà ad andare al pub. Comunque, posso dirle una cosa? Johnson è una figura semi caricaturale. In uno dei suoi interventi ha voluto imitare il famoso discorso di Churchill alla Nazione del 1940, quello del “vi posso promettere solo sudore, lacrime e sangue ma poi vinceremo”. La ripetizione di uno stile, però, diventa caricatura. Sono sempre stato convinto che gli inglesi abbiano una vena di follia. Sì, c’è una vena di follia in generale nel popolo inglese e questo lo dico basandomi sulla grande letteratura inglese, a cominciare da Shakespeare in giù. Quella follia oggi si declina nei termini propri del Ventunesimo secolo, e cioè con aspetti anche un po’ ridicoli. L’Inghilterra è uscita dall’Europa ed è stata ridicola, così come l’atteggiamento assunto dal premier nell’affrontare il virus è stato ridicolo. Tutto questo fa dubitare un po’ della compostezza di quel grande popolo”.

 –E di Trump cosa ci dice?

-“Beh, ma con lui siamo all’avanspettacolo. Che una Nazione come gli Stati Uniti d’America, faro del liberalismo – con tutti i suoi difetti, sia chiaro – nel mondo sia governato da uno come Trump, è una cosa che fa dubitare dei tempi che stiamo vivendo”.

È giusto che i pizzicagnoli restino aperti e i parlamentari non vadano a lavoro?

 -“Il parlamento significa un’aula, grande ma non immensa. In genere ci stanno quattro gatti, ma se si vuole ragionare a regola, ci stanno 630 persone. Quindi è pericoloso, su questo non si discute. Che poi i parlamentari disertino le sedute, come abbiamo visto in occasioni importanti, o perché dicono che stavano in Commissione, o perché in trasferta o a casa loro, è un altro discorso. L’ho già detto, ma lo ripeto: dal punto di vista collettivo è un momento tragico. In questa emergenza c’è l’eccezione e credo che una norma prudenziale non sia ingiustificata”.

Quanto durerà questa pandemia?

-“Non lo so, ma sicuramente molto. Hanno rimandato ogni cosa, evento e appuntamento culturale importante, dal Festival di Cannes al Salone del Libro di Torino. La curva dei contagi tra un po’ sicuramente comincerà a scendere, ma il fatto che scenda non significa che il virus sia sparito. Il virus sta lì e approfitta della prima occasione sociale favorevole per risaltare addosso a qualche essere umano e ripartire di nuovo. L’unico punto forte in questo timore è sapere come andò la spagnola nel 1919. Lei sa cosa successe?”.

Ce lo ricordi lei.

-“La spagnola partì dal Kansas, negli Stati Uniti, e arrivò poi in Europa dove c’era la guerra, il movimento di truppe eccetera. Ebbe un primo accesso cattivo, poi sparì e poi l’estate ebbe un secondo accesso tremendo nel quale morirono non si sa ancora oggi il numero esatto, ma milioni di persone. La seconda ondata fu terribile, molto più della prima, e ne seguì poi una terza che fu più attenuata. La prima, diciamo, ebbe forza cinque, la seconda forza dieci e la terza forza tre/quattro. Queste furono le tre ondate. Quand’anche il picco del Coronavirus si superasse e tra un mese e mezzo i contagi e i decessi scendessero, non è detto che questo maledetto non ritorni.

Cosa fare, quindi?

-“Gliel’ho detto: avere prudenza, ma – aggiungo – soprattutto tanta, ma tanta pazienza”.

Fonte: HuffingtonPost.it

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