Non solo furti e prostituzione, grazie ai prezzi bassi la mafia albanese resta la protagonista indiscussa del narcotraffico
Tratto da: Antimafiaduemila
Prostituzione, riciclaggio, furti e narcotraffico, per la mafia albanese, le difficoltà dovute alle indagini dell’antimafia degli anni ‘90, sono solo un lontano ricordo. Grazie ad una struttura simile a quella della ‘Ndrangheta, fatta di pochi pentiti e numerose ramificazioni su altrettanti territori, la mafia albanese è riuscita a diversificare i propri investimenti negli Stati Uniti, in Europa e in Italia, dove, grazie al consolidamento di rapporti con le maggiori organizzazioni criminali, è riuscita a scalare la vetta con una modalità che, Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato del RIACS (Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies), ha definito “inarrestabile” e – come ha reso noto il quotidiano “La Verità” -, ha costretto il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo a recarsi presso Tirana per stringere relazioni internazionali utili al contrasto della criminalità organizzata insieme alla Procura speciale albanese.
“La mafia di Tirana ha movimentato grossi quantitativi di cocaina ed eroina attraverso la cooperazione di connazionali presenti in patria, in America e in altri Paesi europei, specie nei Paesi Bassi – ha spiegato la Dia (Direzione Investigativa Antimafia, ndr) -. E’ riuscita a qualificarsi come particolarmente affidabile anche grazie a prezzi concorrenziali nel narcotraffico che hanno favorito i rapporti con le organizzazioni criminali italiane”. Tanto da entrare nelle grazie della ‘Ndrangheta e, attraverso una proficua collaborazione con la cosca calabrese dei Bellocco di Rosarno, nel mercato della droga vigente in provincia di Milano. Inoltre, sempre in Lombardia, a Varese, sono stati sequestrati 100.000 euro di proventi criminali a casa di due narcotrafficanti albanesi, mentre, in Liguria, ha spiegato il direttore della Dia, Maurizio Vallone, “La mafia albanese ha preso in appalto il traffico di droga della ‘Ndrangheta”. A Modena e Reggio Emilia, la mafia albanese è riuscita ad importare fiumi di droga dall’Olanda attraverso corrieri che nascondevano gli stupefacenti nelle loro automobili, mentre, a Venezia, sono riusciti a gestire lo spaccio di droga nel centro storico della città. Si tratta di elementi che, nel loro insieme, dimostrano la pervasività della mafia albanese che, partendo dalla Puglia degli anni ‘90, è riuscita ad espandersi con successo nel resto del Bel Paese.
Interessi comuni e l’allarme ‘inascoltato’ di Gratteri
“La mafia garganico-foggiana e le cointeressenze della mafia albanese si affiancano alle realtà criminali legate a camorra, ‘Ndrangheta e Cosa nostra; in tal modo, il Molise, più di altre regioni – ha spiegato la Dia -, rappresenterebbe il punto d’incontro fra diversi interessi economici appetibili per le consorterie criminali. Di conseguenza – ha proseguito la Dia -, si sono registrate numerose infiltrazioni in tutti i comparti maggiormente esposti al rischio di riciclaggio di denaro di provenienza illecita, quali le attività di rivendita di auto usate, di gestione dei locali notturni e delle sale giochi o quelle connesse con il settore dell’edilizia, l’acquisizione delle attività commerciali, la produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, la gestione dei rifiuti oltre che dei settori legati alla green-economy”. Un laboratorio criminale particolarmente laborioso che, oltre al riciclaggio e al narcotraffico, si è reso protagonista indiscusso anche di reati legati alla prostituzione e ai furti grazie a numerosi assalti a portavalori e centri commerciali.
“Da almeno tre anni dico che in Europa c’è una mafia emergente, quella albanese – ha ribadito Nicola Gratteri -. L’Albania è un paese incline alla corruzione di funzionari pubblici. Se poi esco dall’Albania e ho già un potere economico, riesco a rafforzarmi anche come mafia internazionale”.
Dal vino al cinema, dal riciclaggio ai progetti estorsivi
“All’alba perderò”, questo il titolo del film premiato anche dal “Los Angeles Film Festival” come miglior film italiano del 2021. Il film, vanta la produzione della “Henea Production”, di Daniele Muscariello che, secondo i magistrati antimafia, sarebbe immischiato in rapporti con alcuni narcotrafficanti albanesi come Elvis Demce e Ermal Arapaj.
Legato sentimentalmente con Fabiola Cimminella, ex partecipante del reality di Canale 5 “Temptation Island”, Muscariello, lo scorso marzo, è infatti finito agli arresti domiciliari per riciclaggio con le famiglie della camorra D’Amico-Mazzarella, guidate dal boss Salvatore D’Amico. Secondo l’accusa, grazie a Daniele Muscariello, il denaro ricavato dalle attività criminali del clan napoletano, veniva ‘ripulito’ sia grazie alle attività relative alla casa di produzione cinematografica di Muscariello, sia grazie ad una ditta vitivinicola di Monte Porzio Catone, la “Femar Vini”, anche grazie al contributo di un “onorevole” non ancora identificato.
“Abbiamo relazioni importanti, sono quattro volte che mi arrestano ma poi torno a casa”, ha detto Muscariello durante una conversazione telefonica intercettata dagli investigatori. Secondo i pm, insieme agli albanesi, Muscariello, stava progettando anche un sequestro di persona a scopo estorsivo. Il progetto – ha reso noto il quotidiano “La Verità” -, sarebbe saltato fuori da una captazione ambientale avvenuta nell’abitazione di Elvis Demce, in quel momento agli arresti domiciliari. Durante la conversazione intercettata, Demce, parlando ‘d’affari’ con Muscariello e la showgirl Fabiola Cimminella, ha ribadito: “Lascia perdere i finanziamenti, stiamo prendendo un magazzino per chiuderli.” – prosegue – “Stanno arrivando per fare un contratto di lavoro – ha detto Demce riferendosi ad un imprenditore che lavora nel settore dei ponteggi -. Noi, per spaventarli e non per ucciderli, a uno lo colpiamo ad una gamba, l’altro lo facciamo andare”.
Secondo gli inquirenti, Muscariello, rappresenterebbe “un punto stabile per le attività di riciclaggio” perpetrate della mafia albanese; un riferimento che, con il passare del tempo, sarebbe diventato senz’altro uno strumento capace di consolidare ulteriormente le attività della mafia albanese in Italia.
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