Di Saverio Lodato
Diceva Giovanni Falcone: “Cosa Nostra, come tutte le cose della vita, nasce, ha una sua durata, è destinata a morire”.
Purtroppo, Falcone quel momento non riuscì a vederlo.
Trent’anni dopo, Cosa Nostra abita ancora qui.
Falcone sappiamo la fine che fece.
Sostiene Carlo Nordio, che ha ereditato la poltrona Cartabia, che “le costituzioni, come tutte le cose umane, nascono, vivono e muoiono”.
Ambiente per tenere a battesimo un pensamento di tal fatta, la convention per celebrare a Roma i dieci anni della nascita dei Fratelli d’Italia. Che non ci permetteremmo mai dire che, come tutte le cose della vita, anche loro sono destinati a morire.
Nordio, insomma, scalda i motori.
Chiacchiera ad alta voce, esterna, annuncia, minaccia, fa sapere che farà.
Si diverte a far sentire il tintinnar di sciabole, piomba fra i temi più delicati – separazione delle carriere, intercettazioni telefoniche, immunità parlamentare, ergastolo ostativo, possibili riforme costituzionali, eccetera, eccetera – quasi volesse squadernare, mettendo subito le mani avanti, che la riforma della giustizia a sua firma, la “riforma Nordio”, quando sarà, farà impallidire quella a firma Cartabia.
E per offrire un assaggino ai cittadini italiani disgraziati, prende la frase di Falcone e sostituisce la parola Mafia con la parola Costituzione.
E fa il verso, sfotte, irride la buonanima del dottor Falcone.
Eh non ci siamo.
Non si fa.
Non vorremmo ritrovarci a dire, e con noi anche il capo dello Stato, Sergio Mattarella: “A ridatece la Cartabia”.
La quale, sia detto per inciso, sembra essere scomparsa dai radar mediatici, dopo avere aperto la strada alle divisioni corazzate del Panzer Nordio.
Tranquilli, tranquilli, tornerà anche lei.
Ma torniamo, per il momento, a Nordio.
D’altra parte, se la scelta di Giorgia Meloni è caduta su di lui per il dicastero della giustizia, una ragione ci sarà.
Caro Nordio, Lei è chiamato a combattere le mafie. Non le Costituzioni. Meno che mai quella italiana.
Deve combattere, e mettere in condizione di non nuocere, I parlamentari che vengono sorpresi a rubare. Con il valigione pieno di banconote.
A inasprire le pene per corrotti e corruttori.
Ha visto?
Non ci sono più i bei politici italiani di una volta che rubavano in Italia. Adesso rubano in Europa.
E adesso Lei, dal suo nuovo alto scranno, avrebbe tutto il diritto di dire all’ Europa: “Mettiamo mano a misure legislative comuni contro i reati dei ‘colletti bianchi’. Ve lo chiede l’Italia’”. Farebbe un figurone.
E, già che ci siamo, ci piacerebbe anche conoscere il suo pensiero sulla Trattativa fra lo Stato e la Mafia che ebbe luogo – sentenza del processo d’Appello di Palermo docet – a cavallo delle stragi di Capaci, via D’Amelio, Roma, Milano e Firenze.
Questo ci aspetteremmo da un nuovo ministro della giustizia nel suo “discorso della corona”. In fondo, in un paese come l’Italia, un ministro della giustizia dovrebbe essere pagato per questo.
Continuare ad attaccare i magistrati, persino prendendo in giro Giovanni Falcone, non l’aiuterà a entrare nell’Olimpo, piccolino per la verità, dei grandi ministri italiani.
Questo lavoro, di scagliarsi a testa bassa contro l’intera magistratura, lo ha già svolto, egregiamente, il suo predecessore, o, se preferisce, la sua predecessora, Marta Cartabia.
Tratto da: Antimafiaduemila