Di Antonio Mazzeo
L’Italia si dichiara pronta a intervenire nel Mar Nero a fianco della Turchia e della NATO mentre rafforza la partnership militare-industriale con Ankara e concede pieni poteri a Erdogan in Libia, anche contro i migranti.
Intervenendo il 14 luglio in audizione davanti alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa delle due Camere sul tema del rinnovo delle missioni militari all’estero, il Capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ha annunciato l’intenzione delle forze armate di partecipare alle attività di bonifica di mine e materiali esplosivi nel Mar Nero.
“Un buon dialogo con la Turchia potrà essere foriero di sinergie e condivisione di questo sforzo”, ha dichiarato Cavo Dragone. “La minaccia subacquea c’è e va affrontata e l’Italia lo farà in coordinamento con le altre Marine interessate”. Obiettivo strategico dell’asse Roma-Ankara e NATO quello di accrescere il pressing a tutto campo contro le unità navali e sottomarine di Mosca.
“La presenza nel Mediterraneo della flotta russa è marcata, più marcata rispetto a prima, anche perché in base al trattato di Montreux la Turchia ha chiuso gli stretti e non li rende accessibili agli Stati belligeranti, cioè in sostanza alla Russia”, ha aggiunto il Capo di Stato maggiore. “Questo non permette un turnover, che era auspicabile, delle forze della Federazione Russa e anche questo imbottigliamento ha causato la presenza che dobbiamo ormai considerare probabilmente duratura e endemica”.
Meno di dieci giorni prima della sortita dell’ammiraglio, a consacrare il patto di acciaio con il regime di Erdogan ci aveva pensato la folta compagine governativa in missione ufficiale in Turchia. Alla corte dell’ultimo sultano di Ankara si erano presentati il presidente del consiglio Mario Draghi e i ministri Lorenzo Guerini (difesa), Luigi Di Maio (esteri), Luciana Lamorgese (interni), Giancarlo Giorgetti (sviluppo economico) e Roberto Cingolani (transizione “ecologica”).
“Questo vertice intergovernativo indica la volontà comune di rafforzare la collaborazione: Italia e Turchia sono partner, amici alleati”, aveva enfatizzato il premier Draghi al termine dell’incontro con il presidente Recep Tayyip Erdogan. Numerosi gli accordi di cooperazione sottoscritti, dallo sviluppo industriale, culturale e della ricerca scientifica comune fino – e soprattutto – a quello diplomatico-militare.
“Non posso che esprimere soddisfazione per la firma dell’accordo sulla reciproca protezione delle informazioni classificate nell’industria della Difesa, esplicita dimostrazione di coesione tra i nostri due Paesi, legati da sentimenti di profonda amicizia, i cui rapporti in ambito di cooperazione militare sono destinati a consolidarsi ulteriormente”, ha dichiarato il ministro Guerini a conclusione del vertice con il responsabile del dicastero della difesa turco, Hulusi Akar.
“Il nostro Paese – ha aggiunto Guerini – vede da sempre nella Turchia un partner rilevante, sul piano della cooperazione operativa e industriale, col quale lavorare insieme a obiettivi condivisi nell’interesse della sicurezza collettiva, della crescita reciproca e della stabilità del Mediterraneo”.
Conflitto Russia-Ucraina, sicurezza mediterranea, crisi libica e collaborazione bilaterale in ambito operativo e in particolare nelle missioni Nato in Iraq e in Kosovo, alcuni dei temi approfonditi. “Queste forme di cooperazione tra le forze armate dei nostri Paesi sono l’esempio lampante della solidità dei nostri rapporti e gettano le basi per future opportunità sempre più importanti”, ha spiegato Guerini.
Recep Tayyip Erdogan e Lorenzo Guerini
“La stabilità della regione mediterranea è l’imprescindibile premessa della sicurezza di noi tutti e l’Italia segue con attenzione e preoccupazione i recenti avvenimenti in Libia”, ha aggiunto il ministro. “Auspichiamo la massima attenzione da parte di tutti gli Alleati per giungere a una soluzione attuabile, che indirizzi il Paese verso una normalizzazione istituzionale, politica, economica e di sicurezza interna. L’unità e la stabilità della Libia sono un requisito essenziale per affrontare al meglio i fenomeni che interessano il Mediterraneo”. Ovvio che di Libia se ne dovesse parlare ad Ankara: per strappare il sì di Erdogan all’ingresso nella NATO di Finlandia e Svezia, Washington e partner occidentali non hanno solo dato l’Ok per una soluzione finale anti-kurda, ma hanno legittimato lo strapotere diplomatico e militare della Turchia nel martoriato paese nordafricano.
Come riportato da una nota dello Stato maggiore della difesa, gli accordi raggiunti durante il vertice interministeriale del 5 luglio 2022 “hanno rappresentato l’ultima tappa di un confronto ad ampio raggio, sviluppatosi attraverso i numerosi incontri bilaterali, inaugurati nel luglio 2020 con la visita del Ministro Guerini ad Ankara, e proseguiti sino ad oggi con il bilaterale tra i ministri della difesa dei due paesi, che segue la recente trilaterale tra Italia, Regno Unito e Turchia dell’8 aprile 2022”.
In occasione della visita a Istanbul dello scorso aprile, Lorenzo Guerini non aveva fatto mancare tutto il suo apprezzamento per il regime. “La Turchia è un partner importante per l’Italia e un prezioso alleato NATO”, aveva dichiarato il ministro pd. “Il nostro Paese, del resto, vede da sempre nella Turchia un partner con cui soddisfare le reciproche esigenze di difesa e con cui condividere opportunità di collaborazione tra le rispettive industrie. Questo incontro va nella direzione di un rafforzamento delle relazioni tra i nostri Paesi”.
Giancarlo Giorgetti, Mario draghi, Luciana Lamorgese, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini, Roberto Cingolani e i rispettivi ministri turchi
Relazioni da rafforzare anche relativamente al contrasto di una “minaccia” che in ambito alleato è stata classificata come ibrida: le migrazioni “irregolari” nella regione mediterranea. Non sono state certamente casuali le parole pronunciate da Mario Draghi a conclusione dell’ultimo faccia a faccia con Erdogan. “La gestione dell’immigrazione deve essere umana, equa ed efficace; noi cerchiamo di salvare vite umane, ma occorre anche capire che un Paese che accoglie non ce la fa più”, ha dichiarato il premier oggi dimissionato. “E’ un problema che abbiamo posto in Europa, lo abbiamo detto qui in Turchia e lo diremo alla Grecia quando la incontreremo. Forse noi siamo il Paese meno discriminante e aperto, ma anche noi abbiamo limiti e ora ci siamo arrivati”.
Il sultano di Ankara ha colto la palla al balzo, anzi la ghiotta occasione per alzare il prezzo con Bruxelles in tema di lotta ai migranti e per sferrare l’ennesimo attacco allo storico nemico di Atene. “La Grecia ha cominciato a essere un minaccia anche per l’Italia con i suoi respingimenti di migranti nell’Egeo”, ha chiosato Erdogan. ONG e commentatori temono che Italia e Turchia abbiano posto le basi per il rafforzamento delle attività di “blocco” dei migranti, con particolare attenzione all’inferno libico.
Come poi Draghi, Lamorgese, Di Maio e Guerini possano ritenere Ankara un partner serio e credibile per respingere i migranti in Libia – e dalla Libia verso il Sahel – è davvero un mistero. Proprio in contemporanea alla missione in Turchia del governo italiano del 5 luglio scorso, a Tripoli il quotidiano Libya Observer riportava la notizia che la forza aeronavale europea che vigila sul rispetto dell’embargo di armi al paese nordafricano (Operazione Irini) si era vista rifiutare per ben otto volte l’ispezione a una nave battente bandiera turca nel porto di Misurata.
Attualmente all’operazione Ue sono assegnate tre fregate (la ITS Grecale della Marina militare italiana, la HS Themistocles greca e la FS Commandant Blaison francese), più alcuni aerei pattugliatori di Italia, Francia, Grecia, Germania, Lussemburgo e Polonia, con principale base operativa la stazione di Sigonella in Sicilia.
Amici e vaddati recita un antico detto siciliano. Cioè meglio guardarsi da certi “amici”, davvero impresentabili e che non perdono l’occasione per approfittare della fiducia accordata. Chissà, se e quando, Roma e Bruxelles lo capiranno.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 22 luglio 2022
In foto di copertina: 5 luglio 2022, Mario Draghi ad Ankara insieme a Recep Tayyip Erdogan © Imagoeconomica
Tratto da: antoniomazzeoblog.blogspot.com, Antimafiaduemila
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