Il grave errore di Renoldi, capo del Dap, con le visite concesse ai membri di “Nessuno Tocchi Caino”
Di Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari
Anno 2020. Durante il processo ‘Ndrangheta stragista, il boss stragista Giuseppe Graviano, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, con il suo solito “dire e non dire” afferma: “Io non ho fatto né trattative né patti. Ho avanzato le mie lamentele per il carcere nei confronti di tutti i politici. Alcuni politici più garantisti, a loro dire. Invece di mantenere gli impegni presi con mio nonno hanno fatto leggi ingiuste, vergognose e incostituzionali. Tanto è vero che l’Italia non fa altro che prendere sempre multe dalla Corte europea per i diritti dell’uomo. Il 41 bis? E’ normale che stiamo male al 41 bis ma io non piango e non faccio la vittima. Io lotto per quello che mi permette la legge. Sul 41 bis, sul 4 bis, o l’ergastolo io cerco di infilarmi sulla mia condizione con chiunque, di sinistra o di destra, che possa portare a compimento questa situazione”.
Anno 2021. La Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, disciplina espressa nell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario in cui si vieta di liberare i boss stragisti condannati all’ergastolo, se non collaborano con la giustizia, dando un anno di tempo al parlamento per intervenire con una nuova legge.
Anno 2022. Alla Camera passa una proposta di legge di riforma per un ergastolo ostativo annacquato che farà venir meno l’unico vero deterrente temuto dai mafiosi e che rischia di compromettere anche l’istituto dei collaboratori di giustizia.
A questo quadro, già drammatico nell’anno del trentennale delle stragi che hanno ucciso Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e gli agenti delle scorte, si aggiungono notizie clamorose provenienti dal mondo delle carceri.
Il neo direttore del Dap, Carlo Renoldi, fortemente voluto in quel ruolo dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, ha permesso a una delegazione di non parlamentari, guidati da Rita Bernardini, presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, di incontrare lo scorso maggio i boss detenuti in due carceri (Sassari e Nuoro) con il permesso di visitare anche le cosiddette sezioni speciali dove si trovano i detenuti al 41 bis.
L’azione di Renoldi non può lasciare sorpresi. Parliamo di un soggetto che pubblicamente si è espresso contro “l’antimafia militante” colpevole di essere “arroccata nel culto dei martiri” e sul 41 bis si è espresso con toni critici.
Il grave errore
Il fatto avvenuto è comunque senza precedenti, gravissimo ed aberrante da qualunque punto di osservazione si voglia guardare.
Di fatto non era mai stato superato il limite imposto all’ingresso a delegazioni o associazioni diverse da quelle previste dall’art. 67 della legge 354/75 (tra cui il Presidente del Consiglio, i giudici della Corte costituzionale, ministri, i Sottosegretari di Stato, i membri del Parlamento e i componenti del Consiglio superiore della magistratura, ecc…).
Ed è comunque gravissimo, al di là delle affermazioni della stessa Bernardini in cui racconta che l’associazione visitò il 41-bis di Viterbo il 22 aprile 2019, che non siano stati posti reali e concreti limiti ai colloqui diretti con i detenuti al 41 bis.
Nel permesso del capo del Dap non verrebbero fissati paletti alle modalità delle visite.
Così gli “insoliti ospiti” delle carceri hanno potuto scambiare parole in libertà.
Il ché è grave se si pensa che a Sassari vi sono detenuti di primissimo piano come il boss stragista Leoluca Bagarella, il boss camorrista del clan dei Casalesi, Michele Zagaria ed il boss della ‘Ndrangheta Domenico Gallico. A Nuoro, invece, risultano detenute altre figure di rilievo come Francesco Guttadauro, figlio del boss e medico, Giuseppe, nonché nipote del capomafia latitante Matteo Messina Denaro; il camorrista Edoardo Contini.
Anche per questo motivo, a nostro parere, sarebbe opportuno e necessario un intervento da parte della magistratura, per verificare il tenore ed i termini dei colloqui intercorsi con i carcerati.
Spesso si dimentica che è proprio per togliere provvedimenti come il 41 bis che si sono avute le stragi in Italia e che gli stessi boss hanno mostrato più volte la propria insofferenza su questo regime carcerario.
Resta nella storia, ad esempio, la lettera proclama di Leoluca Bagarella che in teleconferenza accusava i politici di non aver mantenuto le promesse e sarebbe bello sapere se anche questo sia stato uno degli argomenti affrontati con i membri di “Nessuno Tocchi Caino”.
Il capo del Dap, Carlo Renoldi e la ministra della Giustizia, Marta Cartabia
La partita sulle carceri: ergastolo ostativo e 41 bis
A trent’anni dalle stragi è sulle carceri che si gioca la partita.
In discussione, che ne dicano i soliti giornaloni, non vi è l’essere più o meno garantisti. In discussione vi è un’intera normativa che ad oggi è assolutamente necessaria proprio per contrastare mafie e fenomeni criminali.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale, possono già aspirare ai permessi premio dal 2019 e che non appena il Senato approverà definitivamente la riforma, imposta dalla stessa Corte, potranno puntare anche alla libertà condizionata.
E con le nuove normative, come affermato più volte da magistrati in prima linea nella lotta ai sistemi criminali (Nicola Gratteri, Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato, Sebastiano Ardita, Luca Tescaroli ed altri) è a rischio anche l’istituto dei collaboratori di giustizia.
Questa nuova apertura proveniente dal Dap, che è strettamente collegato con il ministero della Giustizia, rappresenta l’ennesimo atto grave di un Governo che sulla lotta alla mafia è assente, silente se non addirittura complice.
Un Governo che sopravvive, come abbiamo ricordato in più occasioni, anche grazie all’incoerenza e al tradimento del Movimento Cinque Stelle.
Prendiamo atto dell’importante presa di posizione di alcuni parlamentari pentastellati rispetto all’operato di Renoldi ma a nostro avviso non può bastare.
Durante la conferenza organizzata dal nostro giornale “Uccisi, traditi, dimenticati”, in occasione delle commemorazioni di Capaci, l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato aveva evidenziato come sia in corso un’operazione di rimozione, restaurazione e normalizzazione rispetto a certi fenomeni.
Un percorso che passa anche attraverso riforme della giustizia farlocche, narrazioni distorte della realtà, attacchi alla magistratura, isolamenti e delegittimazioni di magistrati in prima linea, e così via. Tutti segnali che possono essere letti con soddisfazione dal mondo criminale.
Quello Stato-mafia che imbastiva trattative nei primi anni novanta e che oggi è pronto a stringere nuovi accordi.
Un bel modo per onorare la memoria di Falcone, Borsellino e di tutti i martiri che hanno sacrificato la propria vita.
Foto © Imagoeconomica
Tratto da: Antimafiaduemila
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