Di Dante Baroncini
Tratto da: Contropiano.org
“Il mondo non sarà più come prima”, si dice ogni volta che un avvenimento di portata strategica, e dunque storica, arriva a cambiare l’equilibrio instabile delle relazioni internazionali.
Questa è una constatazione quasi banale, perché la vera domanda è “come sarà il mondo dopo”?
Una schifezza, certamente. Perché l’unica risposta che sembra prendere piede in Occidente è il riarmo generalizzato. Anche di quei paesi che sulla bassa spesa militare avevano costruito il proprio vantaggio economico.
Gli europei, in particolare, sono stati per oltre 70 anni relativamente tranquilli –l’appartenenza alla Nato ha agitato molto i sonni, impedendo tra l’altro ogni cambiamento sociale – perché la Germania aveva scelto (e gli era stata imposta) la via del disarmo.
Due guerre mondiali, del resto, avevano spiegato al mondo che era meglio che Berlino fosse una capitale “pacifista”. Persino le, in fondo, piccole partecipazioni alle guerre della Nato (in Africa e Afghanistan) avevano fatto storcere il naso a molti. Vedere in azione mezzi militari targati Wermacht era comunque poco rassicurante.
Ora la svolta. Drastica e di grandi dimensioni, innanzitutto economiche.
In un discorso storico al Bundestag, il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato misure fino a qualche giorno fa impensabili per i tedeschi: innanzitutto un fondo speciale da 100 miliardi per rafforzare la Bundeswehr.
“Da ora, anno dopo anno, investiremo oltre il 2% del Pil in difesa“, ha assicurato il Bundeskanzler. Socialdemocratico, peraltro, a dimostrazione che il “progressismo” che questa definizione dovrebbe assicurare è aria fritta, pastura per pesci di bocca buona.
A dimostrazione ulteriore, sarà bene ricordare che la sua coalizione comprende una forza storicamente “pacifista” come i Verdi, ormai da tempo assestati sul fronte guerrafondaio obbediente alla Nato.
Per arrivare alla percentuale del 2% Berlino dovrà investire almeno 100 miliardi di euro subito per “rafforzare l’esercito tedesco”. Naturalmente giustificati con “fini difensivi” (lo sanno tutti che il Niger o il Mali, per esempio, sono “paesi aggressivi” che confinano con la Germania, no?…)
L’Italia e gli italiani dicano no alla guerra nei fatti. Fuori dalla Nato!
Non si tratta di una decisione ordinaria, visto che per poterla rendere operativa dovrà essere modificata la costituzione, che in Germania è solo una “legge fondamentale” (Grundgesetz) in buona parte scritta dalle potenze occidentali occupanti nel primo dopoguerra (Usa, Francia, Gran Bretagna).
Scholz ha promesso che verrà data priorità a progetti europei per nuovi panzer ed aerei, con particolare riferimento alla collaborazione con la Francia. L’Eurofighter dovrà essere equipaggiato per la guerra elettronica ed altri velivoli, probabilmente gli F-35, saranno resi idonei al trasporto di armi nucleari.
La nuova linea militarista del governo “giamaica” (socialdemocratici, verdi e liberali) incontra opposizione anche dentro il Parlamento tedesco. Die Linke, in primo luogo, anche se “pesa” abbastanza poco. E persino l’ultradestra dell’Afd critica la gestione merkeliana della vicenda Ucraina – finanziata da Berlino, ma senza alcuna capacità di condizionarne i governi per il rispetto degli accordi di Minsk (che prevedevano la non adesione alla Nato e il riconoscimento di uno status speciale per il Donbass, invece aggredito militarmente per 8 anni tramite le forze paramilitari naziste).
Ma il governo Scholz potrà godere del completo appoggio da parte della Cdu, ormai orfana di Angela Merkel. Con un solo distinguo: ok per tutto quanto riguarda l’Ucraina (invio di armi e apertura ai profughi), ma critica soft per l’”indebitamento” che accompagnerà il riarmo ed anche per la disinvoltura con cui si vuole modificare la costituzione.
Per quanto venga enfatizzata la partecipazione ai progetti militari europei e la collaborazione con la Francia, la decisione di Scholz è una scelta solo tedesca, per ora. Non è insomma una linea decisa in sede europea, ma una decisione unilaterale.
Mentre tutti gli altri partner europei faticano a trovare risorse – dopo i grandi stanziamenti per contrastare (malamente) la pandemia e l’ormai vicino ritorno alle politiche restrittive di bilancio – Berlino è l’unica capitale che dispone di fondi sufficienti per riarmarsi, anche senza dover ricorrere al finanziamento sui mercati.
Un vantaggio finanziario che si trasferisce immediatamente sul piano militare.
Da sottolineare anche che in qualche modo la necessità di sviluppare maggiormente un proprio dispositivo militare era emersa durate la presidenza di Donald Trump, che per un verso pretendeva un maggiore impegno finanziario degli europei nella Nato, e dall’altra mostrava molta poca considerazione per i leader del Vecchio Continente.
Ma quei ragionamenti avvenivano nell’ambito degli sforzi europei per mettere in piedi un esercito comune continentale. Ora invece, c’è uno scatto in avanti in solitaria. E, con la tradizione tedesca alle spalle, di certo non è una mossa rassicurante.
Par di capire, per ora, che questa decisione costringerà tutti i partner continentali a fare altrettanto, specie se le spese militari verranno defalcate dal saldo di bilancio sottoposto al vaglio della Commissione Europea.
Sul piano complessivo, però una cosa è già chiara: la Germania riarma, l’Europa dovrà darsi da fare per seguirla. E anche la leadership, se questo è l’andazzo, è già stabilita.
L’imperialismo europeo, se vorrà darsi la strumentazione strategica adeguata alla “competizione” mondiale, dovrà essere molto più tedesco di quanto si poteva pensare prima. Del resto il principale gigante economico del continente non poteva davvero tollerare di restare per sempre un nano militare.
Il gioco di Biden – separare gli interessi europei da quelli russi – è riuscito. Ma l’esito (il riarmo tedesco) potrebbe non essere di quelli più graditi a Washington.
E sicuramente neanche ai popoli d’Europa, per ragioni completamente opposte.
Tratto da: Contropiano.org