La denuncia dei commissari di una crisi pilotata da parte di ArcelorMittal per lasciare solo “macerie” degli stabilimenti dell’ex Ilva di Tarantodiventa un’ipotesi di lavoro anche per gli inquirenti di Milano. I pm Stefano Civardi e Maurizio Clerici, titolari delle indagini che hanno visto imputati i Riva per il crac e altri reati, lavorano su due fascicoli distinti. Ma è quello aperto solo poche ore fa a essere il più importante. E che può essere ora descritto con una fotografia che mostra più tanti articoli del codice penale o fallimentare lo stato dei fatti: i parchi, dove vengono stoccati i minerali, vuoti.
L’aggiotaggio e la bancarotta per distrazione – Il filone principale ha come oggetto le false comunicazioni al mercato (aggiotaggio informativo) e l’illecito previsto dall’articolo 232 della legge fallimentare comma 2 ovvero il reato che si contesta a chi “senza concorso con il fallito” commette comunque un reato di bancarotta per distrazione. Gli uomini della Guardia di Finanza avranno il compito, dopo i blitz nella sede del gruppo a Milano, di analizzare i comunicati ai mercati di ArcelorMittal, che è una società quotata a Londra, Amsterdam eParigi, (anche se la controllata italiana non lo è) e di confrontarli con l’attività commerciale: ordini, acquisti, vendite. Il focus degli investigatori si concentrerà, secondo quanto apprende ilfattoquotidiano.it, sugli ultimi tre mesi. Per questo, in contemporanea con le perquisizioni, sono stati sentiti due dirigenti dell’area commerciale nella veste di testimoni, che hanno risposto a domande sul capitolo del magazzino delle materie prime del gruppo.
Il magazzino da 500 milioni di euro svuotato – Come si legge nel ricorso dei commissari al Tribunale e nella denuncia presentata dagli stessi ai pm di Taranto quando il gruppo franco-indiano ha iniziato a gestire gli stabilimenti, in base al contratto d’affitto, gli è stato consegnato un magazzino per un valore di 500 milioni di euro di materie prime che, però, nel tempo sarebbe stato inesorabilmente svuotato. Come testimoniano le fotoche alcuni operai anonimamente hanno fatto arrivare all’Ilva in amministrazione straordinaria. Il primo passo sarà verificare se ci sia unadiscordanza tra le materie prime ancora presenti e i contratti commerciali che hanno riguardato quel materiale. Un progressivo depauperamento, come denunciato dai commissari “al solo fine di uccidere un proprio importante concorrente sul mercato europeo” o un recente disinteresse dovuto al via libera arrivato dalla Corte suprema indiana all’acquisizione di Essar Steel giovedì e comunicato solo lunedì mattina. Stando alla nota ufficiale quell’operazione diventerà operativa entro la fine dell’anno. Forse per questo il gruppo aveva fissato come deadline il 4 dicembre.
L’omessa dichiarazione e l’atto di intervento dei pm – Il secondo fascicolo, che era già stato aperto ed è contro ignoti, ha come titolo il reato di omessa dichiarazione e riguarda la società con sede in Lussemburgo con cui il gruppo operava in Italia prima della costituzione di una società italiana, AmInvestco, veicolo attraverso ha partecipato al bando di gara per l’acquisizione di Ilva. Quindi prima del 2015. Ma questo filone al momento appare secondario e le ipotizzate irregolarità fiscali forse già sanate. Contemporaneamente gli inquirenti stanno anche lavorando per depositare l’atto di intervento, già preannunciato venerdì scorso dallo stesso procuratore Francesco Greco con un comunicato stampa, nel procedimento civile che vede nelle vesti ricorrenti e resistenti, da una parte l’ex Ilva con i suoi commissari e dall’altro il gruppo franco indiano. Prima dell’udienza fissata per il 27 novembre per discutere il ricorso cautelare d’urgenza dei commissari dell’ex Ilva contro l’azione di recesso dal contratto d’affitto da parte di Arcelor, i pm, infatti, dovranno depositare l’atto di intervento nel procedimento, che affiancherà il ricorso dei commissari, alla sezione specializzata in materia di impresa, presieduta da Claudio Marangoni. Nel frattempo, a Taranto i pm indagano con le ipotesi di distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita. E in questo caso le Fiamme gialle del capoluogo jonico hanno sequestrato la documentazione che permetterà alla procura di valutare se da parte del gruppo franco-indiano c’è stato il rispetto dei livelli di approvvigionamento per mantenere l’attività degli altiforni.
Fonte: Il Fatto Quotidiano