Di Luca Grossi
Oliver Stone e il suo documentario su JFK presentati ad Atlantide da Andrea Purgatori
La storia non si scrive con i ‘sé’ e con i ‘potrebbe’. Questo è un dato di fatto. Tuttavia non si può ignorare il ragionevole dubbio sollevato dal documentario di Oliver Stone ‘JFK Rivisited’ presentato da Andrea Purgatori ad Atlantide domenica sera. Non trascriveremo qui tutto quello che è stato detto ma ci limiteremo ad analizzare i punti chiave dell’assassinio del presidente.
La storia la sappiamo, o meglio sappiamo quello che un ristretto gruppo di statisti denominato ‘Commissione Warren’ ha deciso essere stata la verità sull’omicidio di John Fitzgerald Kennedy: ossia che uno sbandato di nome Lee Harvey Oswald, da solo, aveva ucciso il presidente degli Stati Uniti per poi essere ucciso a sua volta. Fine del film, nessun complotto. Ma le tracce oscure che portano alla Cia e al coinvolgimento di Cosa Nostra Americana nell’omicidio restano indelebili.
Durante il documentario sono stati molti i ‘nodi’ che si è cercato di sciogliere: il proiettile magico che passa attraverso a due corpi senza deformarsi, autopsie infami, documenti spariti, una commissione chiacchierata e tradimenti interni allo stesso governo. Sicuramente quello che è successo a Dallas il 22 novembre 1963 è stato terribile, ma al di là di quello che è stato detto, la domanda principe di questa faccenda non ha ancora avuto una risposta, nemmeno dagli organi ufficiali: perché è stato ucciso Kennedy? “Chi ne ha tratto vantaggio?” Si chiede Oliver Stone.
Una cosa c’è da precisare: Oswald non è mai stato condannato da nessun giudice quindi è tutt’ora formalmente innocente. L’avvocato Mark Lane, che voleva difendere Oswald ma che vide la sua richiesta respinta dalla commissione Warren in piena violazione delle garanzie Costituzionali, aveva detto alla stampa nei giorni successivi all’omicidio di Kennedy che “in questo momento nell’ufficio del procuratore di Dallas c’è un guanto di paraffina che dimostra come Lee Harvey Oswald non ha sparato un colpo di fucile il 22 novembre 1963″.
La maggior parte del popolo americano non ha mai creduto alla commissione Warren e dopo l’uscita del primo film – inchiesta di Oliver Stone ‘JFK’ il numero degli scettici era aumentato e questo numero sembra essere destinato ad salire.
A Dallas c’è ancora disegnata una ‘X’ sul punto esatto in cui è stato colpito il presidente. Tutto il quartiere è ancora oggi una scena del crimine, ed è da quella ‘X’ che inizia il documentario di Oliver Stone.
CE 399: il proiettile magico
Nella parte iniziale del documentario di Oliver ha messo insieme degli elementi che descrivono la storia del cosiddetto ‘proiettile magico’, una delle tante innovazioni in campo balistico della commissione Warren. Quest’ultima aveva stabilito che i proiettili sparati quel giorno erano tre, e che tutti avevano colpito l’interno dell’auto. Arlen Specter, laureato in giurisprudenza (quindi un avvocato e non un esperto di balistica) è stato colui che ideato la teoria del singolo proiettile che, secondo le loro ricostruzioni, sarebbe entrato nella schiena di Kennedy, uscito dal suo collo, entrato nella schiena del governatore John Connally per poi trapassargli i polmoni ed arrivando fino alla parte posteriore del polso destro per poi uscire ed entrare nella sua coscia sinistra. Sembra assurdo, ed in fatti lo stesso governatore Connally aveva espresso pubblicamente il suo dissenso obbligando la commissione a integrare la sua opinione nel rapporto finale.
Il fatto aveva provocato grande scompenso all’interno della versione ufficiale perché se il ‘proiettile magico’ non era mai esistito allora voleva dire che i colpi sparati non erano tre ma bensì quattro, in quanto un foro compatibile con quello provocato da un proiettile era stato trovato addirittura furori dalla strada. Inoltre secondo i rapporti del dottor. Joseph Dolce, chirurgo ed esperto di balistica, il proiettile non avrebbe mai potuto attraversare due corpi ed aver rotto delle ossa così spesse, come quelle del polso, senza subire delle deformazioni. Infatti il proiettile fotografato e classificato come CE 399 è perfettamente intatto.
Infine un’altro particolare è emerso durante la trasmissione, nei riguardi dell’arma che è stata usata: il maggiore esperto di impronte che lavorava per l’FBI, Sebastian Latona, aveva cercato di trovare delle impronte sul fucile di Oswald. Tuttavia in seguito agli esami aveva testimoniato davanti alla commissione Warren di non aver rilevato nessuna impronta, né sul calcio ne sulla canna. Allora di chi era il fucile portato in pompa magna dalla commissione Warren e indicato dalla stessa come arma del delitto?
Lo School Book Depository
J. Edgar Hoover: “Quell’uomo, Oswald, ha sparato tre colpi poi ha lanciato l’arma di lato e pare che abbia sceso i cinque piani“. “E’ stato fermato al secondo piano da un agente di polizia. E alcuni dipendenti e i direttori dissero all’agente che era tutto a posto, che lavorava lì. Fu così che uscì“. Sono state queste le parole del capo dell’FBI al presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson pronunciate durante una telefonata. Durante il servizio sono state presentate dei documenti che attestano la loro falsità. Nello specifico si parla della testimonianza di tre donne, Victoria Adams, Sandra Styles e Dorothy Garner. La prima aveva dichiarato di essersi trovata alla finestra dal quarto piano al momento dell’assassinio e di essersi precipitata giù per le scale dopo quindici/trenta secondi. Barry Ernest, autore del libro ‘The Girls on the stairs’ ha detto nel documentario di essersi messo alla ricerca di quella testimonianza ma di aver scoperto in seguito che il nastro era stato distrutto dalla stessa commissione Warren. La donna, inoltre, era uscita di corsa dalla scale posteriori per vedere cosa stava succedendo, “se fosse stato vero” ha detto Berry, “avrebbe visto Oswald sulle scale posteriori ma testimoniò di non aver mai visto né sentito nessuno“. La seconda donna, Sandra Styles, aveva dichiarato di aver fatto le scale con Victoria, ma la sua testimonianza non era stata presa in considerazione. Infine Berry ha detto di aver trovato un documento tenuto nascosto per quasi trentacinque anni. Si trattava della lettera del sostituto procuratore di Dallas Martha Jo Stroud la quale aveva inoltrato la testimonianza di Victoria a J. Lee Rankin il capo delle indagini della commissione Warren. Nell’ultima perte di questa lettera “come riflessione successiva” ha detto Berry, è stata presentata una donna con il nome di Dorothy Garner, la quale, si legge, era con Victoria, che si era allontana con lei dalla finestra e che per tutto il tragitto verso i piani inferiori non avevano mai visto Oswald. Queste testimonianze sono estremamente pericolose per la commissione Warren, poiché dimostrano come il presunto assassino non era al sesto piano al momento dell’uccisione del presidente.
L’infame autopsia
Neanche il corpo del presidente è stato risparmiato da operazioni poco chiare. Infatti il cadavere subito dopo essere giunto al Parkland Hospital era stato prontamente portato via e imbarcato per la capitale, violando così le leggi dello stato del Texas.
Kemp Clark e Malcolm Perry erano i due medici che avevano cercato di salvare la vita a Kennedy a Dallas. Quest’ultimo aveva fatto la tracheotomia al presidente per aiutarlo a respirare e durante la conferenza stampa che si era tenuta in seguito aveva dichiarato quello della gola era un foro di entrata smentendo completamente la versione della commissione, la quale, ipotizzando che Oswald aveva sparato da dietro, aveva da sempre sostenuto che il foro nella gola era di uscita. Anche le parole di Kemp Clark, primario di neurochirurgia, hanno smentito la versione ufficiale poiché aveva detto che la ferita sulla parte posteriore destra della testa di Kennedy era stata causata dall’uscita di un proiettile. Queste versioni quindi fanno emergere il ragionevole dubbio che il killer non si trovava dietro Kennedy ma davanti.
In seguito Malcolm Perry davanti alla commissione Warren aveva ritrattato la sua versione, ma in base alle prove raccolte, lo aveva fatto perché aveva ricevuto delle pressioni dai servizi segreti, nello specifico dall’agente Elmer Moore, capo dell’ufficio dei servizi segreti a Seattle.
James Gochenaur, testimone per la commissione Church gli aveva in seguito chiesto: “sign. Moor lei ha fatto pressione sul dottor. Perry?” E lui aveva risposto: “mi era stato ordinato” dall’ispettore Thomas J. Kelly ossia il contatto dei servizi segreti per la commissione Warren.
L’autopsia ufficiale si era svolta al Bethesda Naval Hospital, un ospedale della merina, da due patologi militari: J. Thornton Bosweell e James Humes. Nel documentario si sottolinea che i due non avevano mai fatto nella loro carriera un’autopsia per ferite da arma da fuoco.
Rendendosi conto di non essere all’altezza alla fine avevano chiamato un esperto dell’istituto di patologia delle forze armate, Pierre Finck. Tuttavia quest’ultimo non eseguiva autopsie da più di due anni e quindi i due medici della marina avevano fatto richiesta per ricevere l’aiuto per un’altro esperto forense ma la richiesta non era stata accolta.
A questo punto il ragionevole dubbio comincia a prendere decisamente un aspetto molto più concreto.
Nel documentario è stato mostrato il video di Abraham Zapruder nel quale si vede la testa di Kennedy letteralmente esplodere, tanto che un pezzo del suo cervello era stato recuperato proprio della moglie.
Tuttavia nel referto ufficiale approvato dalla commissione si riporta che il peso del cervello del presiedete pesava al momento dell’autopsia 1500 gr, un peso decisamente insolito dal momento che: il cervello medio di un adulto ne pesa poco più di 1300gr e, cosa più importante, il colpo subito da Kennedy aveva fatto saltare molti tessuti, il che avrebbe dovuto far diminuire il peso del cervello.
Perché Kennedy è stato ucciso?
La commissione Warren era composta da: il presidente della corte suprema Earl Warren, Hale Boggs membro della Camera dei rappresentanti (Partito Democratico – Louisiana), John Sherman Cooper senatore (Partito Repubblicano – Kentucky), Allen Dulles ex direttore della CIA, Gerald Ford membro della Camera dei rappresentanti (Partito Repubblicano – Michigan), John J. McCloy ex presidente e diplomatico della Banca Mondiale e Richard Russell, Jr. senatore (Partito Democratico – Georgia). Tra i nomi spicca quello dell’ex direttore della Cia, Dulles, già in rotta con il presidente Kennedy poiché cacciato da quest’ultimo dai vertici dell’intelligence per delle vicende legate alla politica estera.
“Non ho il pieno controllo del governo” aveva detto Kennedy, E’ risaputo inoltre che il presidente stava cercando di applicare una politica diversa rispetto ai suoi predecessori: puntava alla normalizzazione dei rapporti con Cuba, ad una distensione con l’URSS, ad una democrazia unita per il Congo e ad una ritirata dalla guerra del Vietnam.
Tutto questo ovviamente non andava bene per i piani prestabiliti dal Pentagono, come si evidenzia nel documentario. Ma apparte questi particolari di geopolitica un dato oggettivo di carattere di indagine rimane: l’allora vice direttore dell’Agenzia di intelligence Richard Helms aveva detto alla commissione Warren che non sapevano nulla su Oswald nonostante quest’ultimo era stato un personaggio di grande interesse negli anni precedenti all’assassinio e una dozzina di agenti veterani della Cia lo conosceva molto bene. Nel documentario è stato spiegato molto chiaramente il legame che legava Oswald ai servizi segreti e come essi si siano serviti di lui come “capro espiatorio”. Forse Oswald in quella frase pronunciata al momento del suo arresto aveva detto la verità. Ma al di là di quello che emergerà in futuro non si può ignorare il fatto che il governo degli Stati Uniti ha costruito ad arte delle menzogne, ha depistato e cosa ancora più grave, non ha mai permesso che uno dei processi più importanti della storia di essere messo nelle mani dell’autorità giudiziaria competente imbastendo un grossolano quanto deplorevole ’show’ chiamato ‘commissione Warren’.
Tratto da: Antimafiaduemila