Di Germana Carillo
Un colpo di scena ieri in tardo pomeriggio a Glasgow: il capo negoziatore cinese alla Cop26 ha annunciato una dichiarazione congiunta Cina-Stati Uniti.
“La cooperazione è l’unica scelta. Vogliamo lavorare con gli Usa per affrontare un’emergenza che mette a rischio la nostra esistenza“, così Xie Zenhua, inviato cinese per il clima, ammutolisce tutti, quando alle sei di sera dà un annuncio inaspettato, poche ore dopo che Greta era andata lì a Glasgow a chiedere all’Onu di dichiarare la crisi climatica una “emergenza” mondiale, proprio come il Covid-19.
Insomma, le due più grandi economie e più grandi inquinatori del mondo, che già siglarono una mezza intesa ai tempi della Cop21 di Parigi nel 2015, ieri avrebbero dimostrato che questa Cop scozzese potrebbe tramutarsi (e finalmente) in un successo e dare definitivamente la svolta in fatto di ambiente.
Tra Stati Uniti e Cina continuano a esistere differenze in molti campi, ma non sul clima. Quello che c’è da fare non dipende da Washington e da Pechino: lo dice la fisica, la scienza. E va fatto presto: il decennio in corso è il decennio decisivo. Dobbiamo agire per tenere viva la possibilità di fermare l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, incalza dall’altro lato John F. Kerry, inviato speciale del presidente Usa per il Clima.
Nella dichiarazione ci sono anche progressi nel settore finanziario, come aiuti ai Paesi in via di sviluppo, la creazione di un unico mercato globale dei crediti di carbonio, un piano cinese contro la deforestazione e uno per la riduzione delle emissioni di metano come quello già annunciato dagli States.
Xie Zenhua ha poi detto che entro il prossimo giugno un incontro di due gruppi di lavoro cinese e americano faranno il punto sul clima.
Pechino si è impegnata a presentare nella prossima Cop27 in Egitto un piano per ridurre le emissioni di metano, gas serra 80 volte più potente della CO2, ha affermato Kerry.
Tutt’oro quel che luccica? L’annuncio a tambur battente di Cina e Stati Uniti potrebbe di fatto cambiare le sorti politiche di questa Conferenza delle Parti numero 26, ma è pur vero che rimane il fatto che dovrà essere fortificato dall’accordo finale che, però, a sua volta e a dire di molti esperti per ora “è troppo debole” e non riesce a rispondere all’emergenza climatica che stanno affrontando milioni di persone.
I negoziatori presenti a Glasgow, di fatto, non avevano ben accolto la bozza dell’accordo di ieri. Oltre al limite di “ben al di sotto dei 2 gradi” nel testo si delineerebbe un piano operativo affinché gli Stati aumentino i tagli alla CO2 subito. Per la prima volta, però, per quanto temporaneo, nel testo si fa riferimento all’uscita dal carbone e alla cessazione dei sussidi per i combustibili fossili.
Ma compito di questa conferenza è sempre stato quello di limitare l’aumento della temperatura entro 1,5°C e quel “ben al di sotto dei 2 gradi” viene letto dagli esperti solo come un becero tentativo dei leader mondiali di voler semplicemente rimandare l’obiettivo al prossimo anno.
Tratto da: GreenMe