Di Miriana Mastrangelo
Esattamente un anno fa, a Colleferro, si consumava la tragedia dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, un giovane ragazzo di appena 21 anni di origini capoverdiane.
Per quei fatti i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli sono finiti a processo, accusati di essere i responsabili di quella morte. Perché Willy è stato ucciso a calci e pugni, durante una rissa, mentre cercava di aiutare un amico e si trovava in difficoltà.
Proprio l’inaudita violenza, sarebbe stata la causa del decesso. Un’aggressione durata quasi venti minuti. Quei colpi ricevuti su collo, torace e addome furono “ben assestati e non casuali”. Anche per questo si è arrivati ad un cambio del capo d’accusa per i quattro ragazzi sospettati, da “omicidio preterintenzionale” a “omicidio volontario aggravato dai futili motivi”.
Del resto, secondo dei testimoni, anche dopo che Willy era ormai esanime, alcuni assalitori arrivarono persino a saltare sul corpo inerme della vittima.
L’evento scatenante di quella tragica notte è stata una lite originatasi in seguito a commenti pesanti nei confronti di un gruppo di ragazze. Willy non le conosceva, intervenne solamente in difesa del suo ex compagno di classe Federico Zurma, che si trovava in difficoltà. Fu a quel punto che sopraggiunsero i membri della banda, chiamati da un loro amico presente sul luogo della lite.
Testimoni oculari hanno asserito che cinque persone, dopo essere arrivate in auto, avevano cominciato a usare violenza sui presenti, nonostante la lite fosse ormai terminata. “Si sono lanciati contro chiunque capitasse a tiro, sferrando calci e pugni e poi si accanivano contro Willy”.
Un altro amico della vittima, Samuele Cenciarelli, che il 10 settembre è atteso in Tribunale per la deposizione chiave, in quanto presente al momento in cui ebbe luogo il dramma, ai carabinieri aveva raccontato: “Senza che io e Willy potessimo accorgerci di ciò che stava accadendo, siamo stati entrambi aggrediti da alcuni ragazzi, tra i quali ho riconosciuto subito i due che stavano poco prima discutendo con Federico amico di Willy”.
“Il mio istinto di protezione mi ha spinto a gettarmi addosso a Willy per cercare di proteggerlo dai colpi che stava ricevendo, urlando agli aggressori che io e Willy non c’entravamo niente con quanto era accaduto prima”.
Varie testimonianze hanno rivelato inoltre che i fratelli Bianchi, esperti in arti marziali, avrebbero un ruolo da protagonisti nell’omicidio del giovane ragazzo. Entrambi si trovano attualmente in carcere assieme a Mario Pincarelli, in attesa della sentenza, mentre il quarto sospettato, Francesco Belleggia, è ai domiciliari.
All’accaduto si aggiunsero le dichiarazioni agghiaccianti ed emblematiche, che furono effettuate da uno dei familiari degli aggressori in cui vennero pronunciate le parole: “In fin dei conti cos’hanno fatto? Niente. Hanno solo ucciso un extracomunitario”.
Nonostante per ora sia stato escluso il movente razziale, è davvero difficile pensare che il colore della pelle di Willy non c’entri nulla con la sua morte. Ma anche se l’omicidio non è avvenuto per scopi razzisti, quel delitto dovrebbe far riflettere tutta la nostra società. Perché oggi, guardando alle notizie quotidiane, l’idea che la vita di una persona non bianca abbia meno valore e sia in qualche modo sacrificabile è ancora forte in tanti.
E si può dire che, ad un anno dalla morte di Willy, in Italia la situazione non è cambiata. Solo negli ultimi mesi abbiamo assistito ad episodi di violenza sconcertante. Youns El Boussettaoui, marocchino, che è stato ucciso il 21 luglio dall’assessore leghista Massimo Adriaci, accusato ora di eccesso colposo di legittima difesa. Marwen Tayari, tunisino, accoltellato l’8 agosto davanti a moglie e figlie a seguito di una lite. E infine, a Roma, un gruppo di persone, di cui solo quattro sono state arrestate, ha inseguito, picchiato e infine accoltellato un ragazzo nero sospetto, secondo loro, di aver compiuto delle rapine. Si è trattata di una vera e propria azione premeditata, sintomo del clima di tensione e accusa che molti italiani hanno nei confronti dei cittadini di origine straniera.
Tratto da: Antimafiaduemila