Detenzioni arbitrarie, minori di 16 anni in celle senza acqua, cibo, senza la possibilità di poter parlare con le loro famiglie, nudità forzata nelle detenzioni e altre forme più gravi di violenza sessuale: ci sono già otto denunce ufficiali ma molti altri hanno preferito non denunciare per paura di rappresaglie – tortura, uso eccessivo della violenza; morti e sparizioni. La situazione che denuncia il quotidiano Pagina|12 è molto grave, mentre il fuoco della rivolta contro il liberismo continua ad ardere in Cile.
«Ci sono violazioni dei diritti umani, ogni giorno, questo non è qualcosa che sembra, è qualcosa che avviene, una cosa che succede. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di collaborazione internazionale, abbiamo bisogno di dichiarazioni forti su ciò che sta accadendo nel nostro paese con questo stato d’assedio virtuale “, afferma Constanza Schonhaut, attivista per i diritti umani del Frente Amplio con evidente angoscia dopo aver verificato, in un giro notturno di stazioni di polizia e comuni, la ripetizione di crimini commessi dallo Stato attraverso le sue forze armate e di sicurezza. Anche se “crimini” è una parola che manca in un territorio che ha in memoria le ferite del terrorismo di Stato.
Così come è forte la paura che la storia possa ripetersi. Materializzarsi un novello Pinochet che riporti indietro le lancette della storia al periodo più nero per il Cile.
Michel Bachellet, ex presidente e attuale Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha dichiarato oggi che invierà una missione di “verifica”. Una richiesta di Piñera, sicuramente disperata per difendere la sua idea di Cile come “oasi” latinoamericana in cui due incontri al vertice avrebbero avuto luogo a novembre e dicembre. Il primo sarebbe l’Apec – forum commerciale Asia-Pacifico, dove si sarebbero incontrati i capi di Stato della Cina e degli Stati Uniti; il secondo è Cop 25 sui cambiamenti climatici in un paese con “zone di sacrificio” in cui sono installate società altamente inquinanti in territori ad alta vulnerabilità sociale.
Bachellet, tuttavia, non ha annunciato la sua visita in prima persona. Ha parlato invece di «trovare soluzioni per rispondere alle proteste» e ha esortato “coloro che intendono partecipare alle proteste a farlo in modo pacifico”.
L’Istituto Nazionale per i Diritti Umani (INDH) ha denunciato la ‘crocifissione’ di quattro detenuti sull’antenna della stazione di polizia di Peñalolén, con i polsi legati da manette talmente strette da bloccare la circolazione. I numeri parlano di una repressione brutale: 1512 arresti nelle regioni, 898 nella regione metropolitana, 535 feriti – 210 con ferite da arma da fuoco -, 55 denunce, 5 denunce per omicidio e 8 per violenza sessuale.
45 persone hanno perso la vista nell’ultima settimana a causa di colpi di fucile. Quello che Piñera chiamava guerra ha caduti da una sola parte della barricata.
«Possiamo parlare di dittature del 21° secolo, proprio come parliamo di sinistra del 21° secolo?» Chiede Schonhaut. “Penso che dobbiamo analizzarlo, perché ciò che vediamo è il terrorismo di Stato in azione, gli occhi persi, ferite per tutta la vita, torture… oltre a tutto ciò che non sappiamo perché accade di notte, in comuni vulnerabili, in regioni che non copriamo. C’è un presidente al comando, sì, ma sta mandando l’esercito contro la protesta”.
Stride il silenzio assordante di quei difensori dei diritti umani a giorni alterni. Gli stessi che strepitavano quando il Venezuela tentava di difendersi dagli intenti golpisti durante le guarimbas e che adesso tacciono. Il modello neoliberista va difeso strenuamente, costi quel che costi.
Pensiamo ad esempio all’Unione Europea o all’Organizzazione degli Stati Americani (ministero delle Colonie USA secondo una fulminante definizione di Fidel Castro) che compiono ingerenze in Bolivia dove Evo Morales ha chiaramente vinto le elezioni, mentre non proferiscono parole sulla brutale repressione cilena di una spontanea e legittima protesta popolare.
Fonte: L’Antidiplomatico
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