di Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”
Nello “Ione”, forse il dialogo giovanile di Platone più studiato dai liceali, Socrate afferma che una delle più importanti qualità che i comandanti militari debbono possedere è quella della parola, l’arte del dire, dell’affabulare. L’intera storia militare si sarebbe incaricata di rendere l’affermazione di Socrate una sorta di vaticinio, o di geniale intuizione, perchè nei secoli successivi si sarebbe constatato come il linguaggio dei generali avrebbe prodotto una vera e propria “rhetorica militaris”, un raffinato marchingegno linguistico funzionale alla mistificazione e utilizzato dagli strateghi degli eserciti come un’arma suplettiva e determinante, quanto e più dei cannoni, per imporre la guerra e le aggressioni militari volte al più antico espansionismo e poi al moderno colonialismo imperialista.
La “rhetorica militaris” è ormai parte integrante del corredo intellettuale dei generali, è lo stesso “segno del comando”.
Questa “rhetorica” l’abbiamo vista dipanarsi, intelligentemente, astutamente, ambiguamente, nella lunga intervista che il generale Claudio Graziano, già comandante dell’Esercito e di tutte le Forze Armate italiane ed ora Presidente del Comitato militare dell’Unione europea, ha rilasciato al quotidiano “la Repubblica” lunedi 28 giugno ultimo scorso.
Che cosa produce il rodato marchingegno semantico che sostiene l’intera intervista del generale Graziano? Produce una doppia verità, un duplice messaggio. Vi è un messaggio di superfice che prende forma attraverso questa linea concettuale: la Repubblica Popolare Cinese ha sviluppato un’altissima tecnologia (e qui vi è un riconoscimento, da parte del generale, della nuova potenza cinese derivante dal “socialismo dai caratteri cinesi”) in relazione all’intelligenza artificiale, ai clou, ai processori, alla crittografia quantistica e, dunque, alla comunicazione quantistica, alla scienza spaziale. Da questa constatazione il generale muove per esortare i Paesi europei ad avere più ambizione, in questo settore. E così esprimendosi, Claudio Graziano sembra ancora collocarsi nel campo della “ratio” economica e politica, nel momento i cui chiede al grande capitale transnazionale europeo e a Bruxelles di stare al passo dello sviluppo cinese.
Nel messaggio di superfice si evoca l’idea di un’ Unione europea non militarmente aggressiva ma prioritariamente volta alla propria difesa, sia attraverso la costruzione di un esercito europeo diretto essenzialmente a proteggere i Paesi Ue che, in primissima istanza, attraverso la messa in campo di una vasta rete cibernetica di protezione dagli attacchi cyber russi e cinesi. E, nella parte corticale, di superfice, del messaggio del generale, soprattutto si evoca un’Ue autonoma, nel mondo e rispetto agli USA e alla NATO.
Tuttavia, l’insieme della riflessione del generale Graziano, attraverso quella raffinatissima “rhetorica militaris” che avrebbe fatto esultare Socrate, rimanda ad altro, a tutt’altro. L’intelligenza e l’abilità con le quali è costruita la struttura semantica del generale mette in campo, in verità, un potente messaggio subliminale dal quale emerge chiara una controverità, rispetto a quella enunciata dal messaggio di superfice: il male è insisto nella politica cinese e russa ed è ciò a spingere gli USA e la NATO ad agire. E l’intendenza dell’Ue seguirà. Sacrificando, senza angustie di sorta, la propria autonomia.
Come giunge, Graziano, a lanciare il vero messaggio, subliminale e potente, liberandolo dai lacci e lacciuoli della sovrastruttura del messaggio di superfice? Appunto, attraverso il meccanismo, ormai accademico, della retorica militare.
Come funziona, questo meccanismo semantico? Attraverso la rinuncia alla dislocazione razionale dei blocchi analitici, attraverso la sovversione della loro consequenzialità. Alla premessa analitica non fa più seguito, nell’immediato semantico, la conseguenza di tale premessa, ma la conseguenza viene collocata ad una distanza lontana, nel testo, anche a fine testo, nell’obiettivo – ampiamente colto – di affermare due verità: l’una superficiale e l’altra subliminale e reale. L’ essenza.
Segui Vivere Informati anche su Facebook, Twitter e Instagram per rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie dall’Italia e dal mondo
Vediamo come questo meccanismo perverso funziona. All’inizio dell’intervista il generale Graziano afferma: “Il nuovo ordine mondiale è scandito da un bipolarismo dominato da Stati Uniti e Cina: un confronto in cui entrambi mirano ad acquisire un vantaggio geopolitico attraverso la supremazia tecnologica. L’Europa non può ritrovarsi come il manzoniano vaso di coccio tra due vasi di ferro: deve raggiungere una sovranità tecnologica che le permetta di tutelare i suoi commerci, la sua economia, i suoi valori, ma anche di costruire una capacità militare credibile. Dalla sovranità tecnologica si determina l’autonomia strategica: la possibilità di intervenire da soli per fronteggiare le crisi”.
Bene, sembra l’affermazione di un polo imperialista in costruzione che, puntando a difendere i propri interessi in contrapposizione a quelli americani e cinesi, in un quadro generale di lotta interimperialistica in relazione agli USA e anticomunista in relazione alla Cina, proclama una propria autonomia. Una proclamazione che farebbe felice quella “sinistra” italiana europeista che vede ingenuamente l’Ue come contraltare degli USA. Persino, attraverso una perversione ideologica, come diga contro l’imperialismo americano.
Ma l’artifizio retorico del generale socratico tende già la sua trappola, poichè la proclamazione dell’autonomia dell’Ue, lanciata nella parte iniziale dell’intervista, cambia radicalmente nella parte finale del testo, a proposito di una dislocazione anarchica, irrazionale dei blocchi analitici funzionale alla costruzione del messaggio subliminale. La dislocazione anarchica dei blocchi analitici riconquista, dunque, un proprio ordine concettuale, nella misura in cui persegue e coglie l’obiettivo di consegnare il messaggio subliminale di un’ Ue come polo neo imperialista in costruzione ma ancora totalmente legato all’imperialismo dominante, quello americano.
Dopo aver enunciato la necessità dell’autonomia dell’Ue cosa si afferma a fine testo? In relazione alla domanda di Gianluca Di Feo, de “la Repubblica” (“La priorità della presidenza Biden è il confronto con la Cina. Questo comporterà un impegno europeo per farsi carico di altri quadranti di instabilità, come l’Africa e il Medio Oriente?”), questa è la risposta del generale: “Gli americani ce lo chiedono da tanto tempo. E si aspettano anche che gli alleati, della NATO e dell’Ue, li sostengano nel confronto con la Cina, direttamente o indirettamente. Questo, per esempio, può significare un maggior ruolo europeo dove diminuisce la presenza statunitense, come in Libia, in Iraq o nell’intera fascia di incertezza intorno al Mediterraneo. E’ importante che gli Stati membri dell’Unione si rendano conto della situazione di urgenza e della necessità di andare alla radice delle crisi”.
Non certo una dichiarazione di autonomia dell’Ue, ma una ratifica dell’appartenenza subordinata dell’Ue al fronte euroatlantico, un’appartenenza genuflessa che accoglie senza battere ciglio la politica di Biden di confronto (di scontro) con la Cina – che va esattamente contro gli interessi economici dell’Ue, specie tedeschi – e una totale accettazione del ruolo richiesto da Washington di un’ Unione europea qule soggetto politico-militare supplente e sostituto degli USA, per difendere gli interessi americani nelle aree cruciali del nord d’Africa e dell’intero Mediterraneo.
La dichiarazione di autonomia dell’Ue, ribadita nei passaggi iniziali dell’intervista del generale Graziano, resiste in relazione alla forte e pericolosisssima spinta antirussa e anticinese di Biden?
Per nulla. Sulla scorta della nuova linea aggressiva degli USA, il generale offre il proprio, pesante, contributo al progetto di demonizzazione di Pechino e Mosca, demonizzazione funzionale alla messa in campo di una nuova guerra fredda dagli incerti confini con quella calda.
Afferma il generale, evocando anch’egli le grandi minacce provenienti da Russia e Cina e sempre evocate da Biden: “Dobbiamo anticipare le minacce e non rincorrerle. Le comunicazioni, ad esempio, dipendono dai satelliti nello spazio e ci servono nuovi sistemi di crittografia per evitare di venire oscurati. Stiamo cercando di creare un comando europeo, il nocciolo di un quartier generale operativo che deve disporre per la sicurezza reti cibernetiche e spaziali…”.
E più avanti, in relazione ad una domanda che così si conclude: “Ai tempi della guerra fredda l’occidente era sicuro del vantaggio tecnologico sui rivali. Adesso questa certezza sembra non esserci più…”.
La risposta non lascia dubbi sul pensiero del generale, il quale, come Biden, delinea una Cina minacciosa, pericolosa, contro la quale va schierato l’intero fronte euroatlantico, un fronte senza divisioni, a guida USA, per il quale l’Ue può anche sacrificare la propria autonomia.
Risponde Graziano: “Se andiamo ancora più indietro nella Storia, allora bisogna ricordare come i cinesi per primi inventarono la polvere da sparo, poi però limitandosi ad utilizzarla per i fuochi d’artificio, mentre l’Europa sviluppò subito le artiglierie ottenendo un vantaggio tecnologico durato secoli. Sono convinto che oggi la Cina non ripeterebbe lo stesso errore e lo sta dimostrando con le ricerche sull’intelligenza artificiale: ha una rapidità di evoluzione e la volontà di diventare una superpotenza conquistando la supremazia con un piano graduale che guarda al 2050. Il loro sistema politico permette di prendere decisioni in tempi ridotti rispetto alle democrazie europee. Per l’Europa la Cina è un partner negoziale, competitor economico e rivale sistemico”.
Non c’è poco, in questa risposta del generale: c’è innanzitutto – dentro la tecnica della “rhetorica militaris” – la smentita dell’assunto iniziale, nel quale Graziano parla del gap tecnologico tra Ue e Cina (gap a sfavore dell’Ue) come problema economico e commerciale per il grande capitale europeo e per gli Stati europei. In questa risposta, dislocata più avanti nel testo, si afferma che la Cina, ora, non è più quella che non usò la polvere da sparo, ma una superpotenza che sta conquistando la supremazia nel mondo e che è un “rivale sistemico” per l’Ue. Ribadendo oltretutto, anche se con parole più alate, il giudizio americano sul “totalitarismo” cinese (“Il loro sistema politico permette di prendere decisioni in tempi ridotti rispetto alle democrazie europee”). Parole, comunque, alla Biden, che premettono la linea dura, la guerra fredda. La guerra tout-court.
Il generale, proprio in fondo all’intervista, sembra slacciarsi la divisa, liberare i peggiori pensieri, poichè, tanto, i “migliori pensieri”, quelli funzionali al messaggio superficiale e diretti a configurare un’Ue autonoma, non subordinata agli USA e alla NATO, dedita principalmente a rafforzarsi tecnologicamente per concorrere più agevolmente “solo” nella battaglia commerciale internazionale, questi pensieri buoni li ha ben piantati all’inizio dell’intervista, nell’intento che siano essi a pietrificarsi nel senso comune di massa, nel “mainstream” generale.
Cosa afferma, dunque, il generale, nella parte finale dell’intervista?
A partire dalla questione dell’immigrazione verso l’Ue dice tutto, rivela: “L’immigrazione non è solo un problema di persone che sbarcano sulle nostre coste. Dobbiamo capire perchè lasciano i loro Paesi e affrontare l’origine del dramma. E dobbiamo comprendere se sono usati come un’arma asimmetrica, regolando o meno il loro afflusso in relazione a interessi di stati terzi (attenzione: qui, il generale inizia un piccolo strip-tease ideologico: chi sono gli stati terzi che regolerebbero i flussi immigratori trasformandoli in atti potentemente destrutturanti rispetto alla tenuta dell’Ue? Lo si intuisce già, ma lo si capirà meglio nelle righe successive: è la malvagia Russia di Putin a compiere questo orrore, a manovrare cinicamente il rubinetto dei flussi immigratori. Una Russia, dunque, che, sulla scorta della linea militare di Biden, va minacciata subito e presto colpita).
Prosegue, il generale: “La Libia è il collo di bottiglia di tutte le crisi che abbiamo difronte: del Sahel, del Mediterraneo Orientale o dell’assertività turca. Ed è anche il punto in cui si dispiega la dottrina di guerra ibrida della Russia. Come ripeto spesso: non ci sono crisi che si possono risolvere solo con lo strumento militare, ma non ci sono nemmeno crisi che si possono risolvere senza lo strumento militare (eccolo, un bell’esempio di “rhetorica militaris”: in prima battuta sembra che voglia essere messa sotto controllo e contenuta la via militare come strumento per la risoluzione delle crisi, ma poi, attraverso una sorta di calembour, tale via è in effetti fatta percepire come via molto importante, decisiva, per la risoluzione delle crisi. E poichè in questo frangente non si parla certo in astratto e il soggetto principale della discussione è la Russia “che dispiega la dottrina di guerra ibrida”, è la Russia di Putin a cui si pensa quando si afferma che “non ci sono nemmeno crisi che si possono risolvere senza lo strumento militare”.
Strumento militare come via per la risoluzione delle crisi, conclude il generale “di cui ha bisogno ogni iniziativa umanitaria (eccole, le famigerate “iniziative umanitarie” sotto le cui coltri gentili si sono nascoste gran parte delle sangunarie guerre imperialiste degli ultimi decenni!) diplomatica, commerciale, economica, per poter operare e sostenere i principi dell’Unione”.
100 anni PCC, Xi: «Chiunque proverà a sottometterci si romperà la testa sulla Grande Muraglia»
In cauda venenum, il veleno è in coda. Secondo il generale, che non è un signor Nessuno ma è a capo dell’Esercito europeo in costruzione, ogni opzione strategica dell’Ue, da quella diplomatica a quella commerciale, è sostenuta dallo strumento militare. Chi rimanesse dubbioso, chi facesse fatica a credere nella veridicità di ciò che scriviamo, legga pure “la Repubblica” dello scorso 28 giugno, pagina 13.
L’Ue, descritta all’inizio dell’intervista come un polo autonomo volto innanzitutto al proprio sviluppo economico e tecnologico e alla pace si rivela, nelle parole finali del generale, come un polo imperialista privo di autonomia, in attesa della linea dettata da Washington e segnato da forti pulsioni militariste. Innanzitutto, come Biden chiede, contro la Cina e la Russia, ma con un ancora più vasto orizzonte di guerra di fronte a sè, a cominciare dal Medio Oriente.
Tuttavia, se questa è l’Ue che emerge nell’intervista del generale Graziano, e che vede chi vuole vedere, è anche vero che l’abilità con la quale il generale utilizza la “rhetorica militaris”, fa percepire un’altra Ue, quella che piace così tanto al fronte unito italiano liberale, di centro-sinistra e di sinistra radical-moderata.
Tratto da: L’Antidiplomatico