Mentre Vincenzo Marra, regista italiano residente tra l’Italia e il Cile dove ha girato uno dei suoi film più noti, La Prima Luce, ci racconta la lunga genesi delle proteste in corso nel Paese sudamericano, sul suo portatile arrivano senza sosta video le cui scene riportano alla mente la brutale repressione dei militari durante la dittatura di Pinochet negli anni 70. Sono stati girati con lo smartphone dai suoi amici, cileni e italiani, rimasti nella Capitale. “Da questi video appare inequivocabile non solo la violenza sproporzionata con cui le forze dell’ordine reagiscono alle manifestazioni pacifiche della gente, ma anche il tentativo da parte del potere di approfittarne per fare piazza pulita del dissenso tout court”.
Come spiegare altrimenti le retate notturne dei militari nelle case delle zone popolari dove vivono i cittadini meno abbienti e, probabilmente, sostenitori della rivolta contro la diseguaglianza sociale? Nel primo video che Marra ci mostra, si vedono soldati armati fino ai denti che si avvicinano di soppiatto a una abitazione per poi farvi irruzione.
Nascosti dietro le tende, i vicini filmano e commentano spaventati a bassa voce. Non riesce invece a trattenere un grido di terrore un altro improvvisato filmmaker che, sempre da dietro la finestra, a tarda notte, registra quanto segue: un furgone militare passa a velocità sostenuta quando dal portellone posteriore viene lanciato un corpo che rotola per terra. L’uomo sembra malconcio, ma vivo. Il furgone inchioda dopo pochi metri, scende un soldato con una mitraglietta in mano e, senza nemmeno guardarsi intorno, la scarica sull’uomo accasciato sul selciato che resta immobile. “L’hanno ammazzato”, grida terrorizzato l’autore delle riprese artigianali ma nitide.
“In Cile le forze dell’ordine godono ancora di molti privilegi. È inevitabile che non vogliano perderli, ma per arrivare a questo livello di violenza significa che hanno l’avallo del presidente Piñera e delle altre sei o sette famiglie che posseggono tutti gli asset del Paese e dominano anche il mondo dell’informazione mainstream che infatti manda in onda solo servizi sulle razzie di pochi nei supermercati, bollando la protesta come un’iniziativa di delinquenti e comunisti”, spiega Marra i cui ex suoceri, nonché nonni del suo unico figlio, abitano a Santiago. Il regista e sceneggiatore, a proposito dei parenti cileni, sottolinea che anche loro sono solidali con i manifestanti, pur non avendo mai votato a sinistra, perché la vita del ceto medio è andata degradandosi sempre di più a causa della politica decisamente liberista dei governi e la conseguente diminuzione del welfare. “Il nonno di mio figlio è costretto a spendere tutta la sua pensione per curarsi privatamente dato che gli ospedali pubblici offrono solo servizi d’urgenza. Conosco almeno due persone che si sono lasciate morire di cancro non avendo un’assicurazione privata né i soldi per le cure. Le scuole pubbliche non offrono alcun futuro agli studenti, che pertanto sono costretti a indebitarsi con le banche per studiare negli istituti privati e intanto i beni primari costano sempre di più, mentre i salari e le pensioni sono bloccati da anni”. Siamo di fronte a una sorta di ‘americanizzazione’ della politica economica del Cile, ma a rendere la situazione delle classi meno abbienti più difficile rispetto a quella statunitense è l’assenza di mobilità sociale. “La macroeconomia cilena è in costante crescita da anni, ma la distribuzione della ricchezza è andata diminuendo. Rimane nelle tasche dei pochi magnati che controllano come dei feudatari le ingenti risorse naturali del Cile, a partire dalle miniere di rame. Per questo motivo ora la gente non crede più nelle istituzioni e non è disposta a dare credito al presidente Piñera, membro di questa cricca che strangola da decenni la classe media”.
Marra ci mostra sulla mappa di Santiago piazza Italia, che rappresenta anche geograficamente la spaccatura e polarizzazione della società cilena: “Da una parte ci sono i quartieri popolari, dall’altra quelli ricchi. Di qua si manifesta, di là si godono i proventi del furto capillare dei soldi pubblici e dei beni nazionali che apparterrebbero a tutti i cittadini. Va però detto che stanno crescendo i residenti dei quartieri benestanti solidali con i manifestanti. Ciò che sta avvenendo è la risposta alla domanda che ho fatto per anni ai miei amici cileni: come potete campare in questo modo, con polizia, carabinieri e militari sempre pronti a reprimervi e la mancanza di denaro persino per pagare il pedaggio dell’autostrada per andare al lavoro quando si è così fortunati da trovarlo? Tra i poveri, è importante ricordarlo, ci sono anche gli insegnanti. Per questo l’aumento del prezzo del biglietto ha scatenato la piazza. Questa misura, tardivamente ritirata dal presidente, è il simbolo dell’umiliazione e discriminazione che la maggior parte della gente subisce da tanto tempo”, conclude Marra. E ora è diventato anche il simbolo del ritorno della violenza dei militari.
Tratto da Il Fatto Quotidiano