La missione delle Nazioni Unite a Hodeidah, nell’Ovest dello Yemen, ha iniziato, il 19 ottobre, a istituire posti di blocco. I ribelli sciiti Houthi continuano, però, a violare l’accordo.
In particolare, le forze congiunte a sostegno del governo centrale yemenita, situate sulla costa occidentale del Paese, nella sera del 20 ottobre, hanno accusato le milizie Houthi di aver commesso 34 violazioni e attacchi contro i cittadini nelle 24 ore precedenti. Ciò fa seguito all’inizio delle operazioni di dispiegamento di forze della coalizione a guida saudita e del governo yemenita, che hanno istituito postazioni per il controllo e monitoraggio dell’area, con il fine ultimo di porre una tregua ad Hodeidah. Gli attacchi delle ultime ore da parte dei ribelli sono stati denunciati da fonti militari locali, le quali hanno riferito di attentati contro i civili in diversi villaggi e strade dei distretti di Hodeidah, tra cui Durayhimi, Hays e At Tuhayta.
L’operazione della Missione Onu, intrapresa il 19 ottobre, include la creazione di 4 checkpoint e si prevede che durerà fino al prossimo 23 ottobre. Già il 9 settembre scorso, il Comitato delle Nazioni Unite per il coordinamento della ridistribuzione delle truppe a Hodeidah aveva deciso di schierare squadre di monitoraggio in quattro punti della città. In particolare, dopo due giorni di riunioni, la commissione aveva affermato di aver concordato l’attuazione di un meccanismo di tregua e cessate il fuoco, di cui si era già discusso in una riunione del 14 luglio scorso, quando i rappresentanti del governo yemenita e quelli del movimento Houthi si erano incontrati per la prima volta in 5 mesi, per discutere il ritiro delle forze ribelli da Hodeidah.
Il dislocamento delle truppe è una parte cruciale dell’accordo di cessate il fuoco raggiunto in Svezia l’ultimo giorno dei colloqui di pace, il 13 dicembre 2018. Quest’ultimo è un patto in base al quale gli Houthi avevano accettato di ritirarsi da tutti e 3 i porti principali dello Yemen, Hodeidah, Saleef e Ras Isa, lasciando svolgere alla delegazione dell’Onu le necessarie attività di monitoraggio e gestione dell’area. Secondo quanto stabilito nel patto, il dislocamento dei contingenti Houthi sarebbe dovuto avvenire 21 giorni dopo l’annuncio del cessate il fuoco, il 18 dicembre 2018, ma quella data non è mai stata rispettata.
Da quel giorno, vi sono stati diversi tentativi volti ad attuare l’accordo. Il loro fallimento è dovuto anche alle reciproche accuse di violazione tra il gruppo Houthi da un lato e il governo yemenita con la coalizione a guida saudita dall’altro. La nuova mossa del 19 ottobre ha portato un certo ottimismo tra i gruppi yemeniti e la missione delle Nazioni Unite, soprattutto alla luce di una tregua che ha consentito l’ingresso di navi che trasportavano rifornimenti attraverso il porto di Hodeidah.
La tregua fa seguito ad un rapporto di un’organizzazione yemenita per i diritti umani, la quale ha documentato 514 violazioni da parte dei ribelli Houthi nei primi dieci giorni del mese di ottobre. Tali operazioni, prevalentemente contro i civili dell’area, includono omicidi, rapimenti, bombardamenti indiscriminati, saccheggi e altri tipi di abusi. Secondo quanto riportato, sono state 51 le persone uccise in 10 giorni, tra cui 14 bambini e 6 donne.
Hodeidah rappresenta un ingresso di vitale importanza per le importazioni di merci e aiuti umanitari, nonché un’ancora di salvezza per milioni di residenti yemeniti fuggiti da altre aree del Paese, a seguito della guerra civile scoppiata il 19 marzo 2015, data in cui gli Houthi hanno lanciato un’offensiva per estendere il loro controllo nelle province meridionali. I gruppi che si contrappongono nel conflitto sono da un lato i ribelli sciiti, che controllano la capitale Sana’a, alleati con le forze fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh e sostenuti dall’Iran e dalle milizie di Hezbollah. Dall’altro lato, vi sono le forze fedeli al presidente yemenita, Rabbu Mansour Hadi, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale. L’Arabia Saudita è intervenuta nel conflitto per sostenere Hadi, il 26 marzo 2015, a capo di una coalizione formata anche da Emirati Arabi Uniti, Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Kuwait, Bahrain e Qatar e sostenuta, a sua volta, dagli Stati Uniti.
Fonte:sicurezzainternazionale