La Lituania ha ritenuto necessario smentire, con un comunicato stampa ufficiale, che l’indiscrezione (bollata come “fake news”) secondo cui il paese baltico ha accettato di ospitare le bombe atomiche Usa che gli americani pensano di spostare dalla base turca di Incirlik.
La smentita di Vilnius
No, i 500 militari americani che si sono visti installarsi in Lituania, non stanno preparando una base; no, tanto meno per metterci le armi nucleari. No, i 500 e i loro materiali bellici sono lì “come parte degli forzi per scoraggiare la potenziale aggressione russa”, e “torneranno a casa in primavera”, giura Star & Stripes, il giornale delle truppe Usa. Il quale ricorda che no, semplicemente, “nel 2017, la NATO e l’Unione Europea hanno lanciato un centro di eccellenza “a Helsinki per aiutare gli alleati e i partner ad affrontare gli attacchi” ibridi “, che coinvolgono la guerra informatica e informatica, insieme ad azioni politiche, economiche e militari. Un centro cibernetico di eccellenza è stato istituito dalla NATO a Tallinn, in Estonia, nel 2008, un anno dopo che quel paese è stato oggetto di un esteso attacco informatico da parte dei russi”.
Quindi è colpa di Mosca che aggredisce, altrimenti “la NATO” non avrebbe bisogno di avvicinare a ridosso del confine russo la cinquantina di Bombe a gravità B61, 10 volte più potenti di quella di Hiroshima, che tiene ad Incirlik. Ci si poteva accontentare delle atomiche “immagazzinate nelle basi di Kleine Brogel in Belgio, Buechel in Germania, Aviano e Ghedi-Torre in Italia, Volkel nei Paesi Bassi e Incirlik in Turchia” . Solo che ora la Turchia “sta uscendo dall’orbita occidentale”, tutti posti un po’ lontani per un intervento fulmineo – e poi la base di Incirlik è a 250 chilometri dalla frontiera della Siria – e il recente attacco alle installazioni ARAMCO, i droni e missili da crociera yemeniti hanno colpito il sito a 650 chilometri all’interno del territorio saudita. Quindi ci sono motivi per riposizionare le atomiche Usa in Europa.
L’operazione Steadfast Noon
Sicuramente è una coincidenza, ma quando la Lituania ha smentito come ”fake” la voce che la piccola nazione avrebbe ospitato le testate, più o meno negli stessi giorni l’aviazione tedesca e altri (anche italiani) della NATO erano impegnati in una esercitazione chiamata Steadfast Noon, consistente, secondo il Passauer Neue Presse che ne ha dato notizia, nell’addestrare il personale a trasferire in sicurezza testate nucleari dai bunker sotterranei verso i bombardieri strategici B-52. Quelli dell’apocalisse nucleare, ma anche sui Tornado – quelli tedeschi erano della squadriglia tattica 33, di stanza alla base di Buchel, dove si ritiene che siano immagazzinate le testate B61.
Dunque effettivamente l’Alleanza si prepara ad uno scenario di guerra atomica, in coerenza con il recente ripudio, da parte degli Stati Uniti, del Trattato sulle forze nucleari intermedie (FNI), firmato d a Gorbaciov e Reagan, che per trentadue anni ha garantito l’eliminazione, dalle due parti, dei missili con portate fra i 500 e i 5550 chilometri – il cui lancio non dava il tempo alla parte avversa di rispondere. Chi avesse sferrato l’attacco nucleare per primo, con questi missili ravvicinati all’obbiettivo, avrebbe vinto il conflitto atomico, senza dover temere la “mutua distruzione assicurata”. Il Trattato ha contemplato per tre decenni severi controlli ed ispezioni reciproche; adesso gli americani non consentono più queste ispezioni ai russi, e quindi anche i russi non consentono più i controlli agli americani. Un pericoloso angolo cieco s’è prodotto.
La comparsa dei missili supersonici, e la crescente potenza della Cina, sta inducendo a vasti ripensamenti strategici negli ambienti militari USA. Le 11 portaerei, mezzo di proiezione di potenza oceanica quando si tratta di intimidire e mostrare i muscoli a potenze di poco peso, diventano un bersaglio imbarazzante in caso di guerra vera.
Costa come 2 mila missili ipersonici
“Di cosa avrebbe più paura il governo cinese: di 2 mila missili supersonici di stanza nel Pacifico, o di una portaerei? Perché il costo nei due casi è all’incirca uguale”: così Mike Griffin, il capo della ricerca ed engineering del Pentagono, nella tradizionale “Conferenza stampa della difesa”, alla quale hanno partecipato alti ufficiali militari, analisti, rappresentanti del settore e lobbisti.
Abolire le portaerei?
Non solo il costo delle portaerei è enorme ( l’ultima , l’USS Gerald R. Ford, ha divorato $ 13 miliardi), ma i costi operativi sono immani, se si considera la flotta d’appoggio e protezione che deve accompagnarne ciascuna, perché non sia un bersaglio grosso e ridicolo: cinque incrociatori o cacciatorpediniere, due sottomarini da caccia e la nave cisterna da rifornimento. Si uniscano gli equipaggi da stipendiare di questa flotta, e si hanno costi operativi così proibitivi, da consigliare di limitarne le missioni e farle riposare a lungo nei porti.
Da cui la domanda posta da Griffin: forse è meglio rinunciare alle portaerei, e costruire più missili ipersonici. In recenti esercitazioni NATO, si è visto che i sottomarini tedeschi a propulsione convenzionale (silenziosissimi) riuscivano ad avvicinarsi troppo alla portaerei. L’incredibilmente efficace attacco ai serbatoi ARAMCO in Arabia Saudita con droni e missili da crociera lenti e a bassa ha rappresentato l’entrata in scena di armi estremamente economiche e alla portata di piccole potenze militari, come i 18 droni “suicidi” che hanno raggiunto tutti gli obiettivi (una replica iraniana del “Rafi” israeliano), ancor meglio dei 7 missili da crociera (3 dei quali sono caduti prima) che comunque sono macchine venute dall’Ucraina a Teheran, con motore a reazione ceco.
“I droni sono sul punto di rendere obsoleto l’equivalente moderno delle armature dei cavalieri antichi: i giganteschi, costosissimi e vulnerabilissimi gruppi di navi di scorta a una portaerei”, dice Ugo Bardi, l’analista strategico.
Non solo: viene messa in crisi la concezione americana di potenza bellica – affidare la vittoria al superiore e schiacciante volume di fuoco, alla bruta capacità di “riportare l’Irak all’età della pietra a suon di bombe” (come mi disse a suo tempo Edward Luttwak) di fronte a una guerra condotta con intelligenza, sorprese e stratagemmi: l’attacco all’ARAMCO ha gettato nel panico gli israeliani che non supponevano tali raffinate capacità negli iraniani, come la comparsa dell’aviazione russa a difesa di Damasco nel 2015 gettò nel panico il Pentagono, che non aveva visto arrivare gli aerei di Mosca.
I resti di un missile iraniano.
Panico e rabbia a cui il Deep State bellicista (che evidentemente agisce senza il controllo di Trump) reagisce preparando anche la guerra atomica. E non solo: ampliando la NATO non solo per estensione geografica inglobando sempre nuovi stati, e usando sempre più gli alleati europei per le imprese militari lontane dalla sfera di interessi europei (Irak, Afghanistan…) secondo gli interessi imperiali americani; ma estendendo l’Alleanza militare a settori nuovi come lo spazio, il cyber-spazio, la sicurezza energetica, la “lotta al terrorismo” , l’espansione della democrazia, l’intervento umanitario, l’ordine sociale..
Il ministero francese della difesa ha eccepito a questo proposito “un cambiamento di natura dell’Alleanza che, sotto l’impulso degli Stati Uniti si trasforma in una organizzazione di sicurezza a vocazione globale, sia geograficamente che in senso funzionale”.
L’espansione della NATO al Tutto
O come ha rilevato l’analista britannico Jolyon Howorth, “da un’organizzazione il cui scopo era di assicurare l’impegno americano alla sicurezza europea, in un’altra, il cui nuovo obiettivo è di assicurare l’impegno europeo a servizio della strategia globale degli Stati Uniti”.
Recentemente gli americani hanno ordinato di “integrare lo spazio alle strutture NATO di pianificazione e comando, con esercitazioni che dovranno comportare scenari di guerra spaziale che prevedano l’interdizione o la disattivazione temporanea del mezzi spaziali alleati
Madeleine Moon, Domaine spatial et défense alliée, Rapport de l’Assemblée parlementaire de l’OTAN, 162 DSCFC 17, septembre 2017.
Per la sicurezza energetica degli Alleati, Washington ha posto come obiettivo strategico di “diversificare gli approvvigionamento strategici onde gli alleati non siano vulnerabili alla manipolazione e alla coercizione”, quindi ha obbligato i baltici e polacchi a comprare il gas americano:
Les ventes de gaz américain à l’Europe progressent à grande vitesse, Le Figaro, 2 mai 2019.
Forse non tutti sanno che fanno parte della NATO, per volontà americana, Giappone ed Australia. L’analista americano Stephen Walt ha scritto che -per salvare la NATO – “gli europei devono diventare i nemici della Cina”.
Stephen M. Walt, Europe’s Future Is as China’s Enemy, Foreign Policy, 22 janvier 2019.
Stanley R. Sloan ha teorizzato che la vocazione della NTAO “Non è solo militare, ma politica ed economica, è quella di difendere i sistemi politicamente democratici ed economicamente liberisti dei suoi Stati membri”
Gli europeisti atlantisti più fanatici ed entusiasti si portano molto avanti su questa strada. Jap de Hoop Scheffer, segretario generale ella NATO nel 2006, ha sancito: “Virtualmente tutti i problemi sociali possono trasformarsi un una sfida alla sicurezza”
Discorso di Jaap de Hoop Scheffer, Riga, 28 novembre 2006.
Il rovesciamento di governi “sovranisti” , o non abbastanza liberisti, o magari con un debito pubblico eccessivo che non fanno i compiti a casa e le riforme volute dalla BCE, potrebbero evocare una soluzione militare dagli Alleati?
Fonte:maurizioblonde