Di Giorgio Bongiovanni
Depositata la motivazione della sentenza sull’ergastolo ostativo
Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano, Filippo Graviano, Salvatore Biondino, Antonino Madonia, Nitto Santapaola, Pasquale Condello, Michele Zagaria tanti altri boss di Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra fino al superlatitante Matteo Messina Denaro. Tutti loro, chi dal carcere e chi fuori, sono pronti a gioire. Già un primo brindisi lo avevano fatto quando lo scorso 15 aprile la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, disciplina espressa nell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario in cui si vieta di liberare i boss stragisti condannati all’ergastolo, se non collaborano con la giustizia.
Sarebbe “in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo” avevano detto i “parrucconi” della Consulta nella prima nota con cui passavano la palla alla politica, rinviando la trattazione delle questioni a maggio 2022 “per consentire al legislatore gli interventi che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi”.
“Appartiene alla discrezionalità legislativa – si legge nella motivazione dell’ordinanza n. 97 (redattore Nicolò Zanon) depositata oggi – decidere quali ulteriori scelte possono accompagnare l’eliminazione della collaborazione quale unico strumento per accedere alla liberazione condizionale. Fra queste scelte “potrebbe, ad esempio, annoverarsi la emersione delle specifiche ragioni della mancata collaborazione, ovvero l’introduzione di prescrizioni peculiari che governino il periodo di libertà vigilata del soggetto in questione“.
Ma leggendo le motivazioni con cui hanno preso una tale decisione si resta a dir poco basiti nel momento in cui si pone il dubbio che la collaborazione con la giustizia sia frutto di una scelta sempre libera.
Seppur nell’ordinanza non si mette in discussione “il rilievo e l’utilità della collaborazione, intesa come libera e meditata decisione di dimostrare l’avvenuta rottura con l’ambiente criminale“, vi sono delle considerazioni pericolose per tutta la legislazione antimafia.
Specie laddove si dice che “la scelta di non collaborare può esser determinata da ragioni che nulla hanno a che vedere con il mantenimento di legami con associazioni criminali”.
Quindi si sottolinea che l’attuale disciplina prefigura una sorta di “scambio” tra informazioni utili a fini investigativi e conseguente possibilità di accedere ai benefici penitenziari. Quindi si paventa come questo scambio possa essere vissuto in maniera drammatica. “In casi limite – scrive la Corte – può trattarsi di una ‘scelta tragica’: tra la propria (eventuale) libertà, che può tuttavia comportare rischi per la sicurezza dei propri cari, e la rinuncia a essa, per preservarli da pericoli“.
Un’affermazione, quest’ultima, inaccettabile. Sarebbe un po’ come dire che lo Stato italiano non sia in grado di garantire l’incolumità dei collaboratori della giustizia e dei loro familiari.
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Ma non è questo l’errore più grave commesso dai “parrucconi” della Consulta “anticostituzionale”. E ciò avviene nella misura in cui nella valutazione dei diritti non si valuta la sicurezza della collettività che viene messa a repentaglio da un’eventuale scarcerazione del capo mafia. E ciò avviene perché oggi, erroneamente, si considera la pericolosità delle mafie in maniera difforme alla realtà. Perché la mafia esiste da oltre 150 anni e sopprime ed opprime le libertà di migliaia e migliaia di cittadini. Lo dicono le inchieste e centinaia di addetti ai lavori.
E’ un gravissimo errore di discernimento effettuato da chi dovrebbe avere coscienza e conoscenza di un fenomeno, come quello della criminalità organizzata in Italia, che è la più potente del mondo e che di fatto gestisce il traffico internazionale di stupefacenti e investe ingenti capitali nell’intera economia mondiale.
Già la Corte Ue dei diritti dell’uomo aveva mostrato tutta la propria miopia sul punto. Ma come abbiamo scritto in altri articoli, vedere organi altamente istituzionali come la Corte Costituzionale che si adeguano, calandosi le brache, a certi dettami europei è scandaloso ed offensivo per tutti quei martiri, a cominciare da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno lottato contro certi Sistemi criminali e che hanno ideato certi provvedimenti.
E’ un fatto noto che il principio dell’ergastolo ostativo fu ideato da Giovanni Falcone e che divenne legge solo dopo le stragi del 1992.
E’ altrettanto noto che per un membro attivo, affiliato a Cosa nostra, alla ‘Ndrangheta e alla Camorra, l’unico vero modo per rompere con il proprio passato è quello della collaborazione con la giustizia o, in alternativa, la morte.
Ed è sempre provato da decine e decine di indagini che i mafiosi che finiscono il proprio periodo di detenzione, una volta usciti, tornano esattamente ad occupare il posto che avevano in precedenza all’interno dell’organigramma mafioso. Anzi, addirittura lo fanno con un curriculum potenziato, proprio in virtù del silenzio mantenuto in carcere.
E poi ancora non si può dimenticare che i Graviano, i Madonia, i Bagarella e tutte le altre “belve” assassine sono uguali, se non peggiori, di quei criminali nazisti e fascisti che hanno commesso indicibili crimini contro donne, uomini e bambini causando milioni di morti.
Tra mafiosi e nazisti vi sono tratti simili come l’uso sprezzante della violenza e dello sterminio non fine a se stesso, ma usato per perseguire precisi e aberranti fini politici e ideologici.
Eppure quando vi fu il processo di Norimberga nessuno si scandalizzò per i diritti umani delle persone violate ed uccise fuori e dentro i campi di sterminio. Nessuno ebbe da obiettare rispetto alle condanne che furono emesse.
Dobbiamo dedurre provocatoriamente che i rappresentanti delle Corti Ue e delle Consulte che in questi anni si sono espressi sull’ergastolo ostativo avrebbero magari provveduto a liberare i Göring, gli Hess, i von Ribbentrop, i Keitel, o altri criminali come Mengele e quei responsabili dello sterminio dell’olocausto? E che dire di altri criminali di guerra processati dal Tribunale dell’Aja (Corte penale internazionale) come Milosevic o Karadzic, condannati all’ergastolo?
Davvero avrebbero avuto questo coraggio? Lo dicano chiaramente.
Perché ci sono due pesi e due misure nelle considerazioni a livello nazionale ed internazionale?
Ovviamente, noi siamo contro la pena di morte e siamo convinti che delle condizioni delle carceri, dei diritti dei detenuti, dei percorsi rieducativi, di sicurezza, di salute e quant’altro si può e si deve discutere. Ma ci sono dei confini che vanno tracciati perché questo, purtroppo, non è un Paese normale. Ma troppo spesso viene dimenticato, soprattutto dai vertici delle istituzioni.
L’abolizione di fatto della pena dell’ergastolo per gli omicidi di mafia, farebbe venir meno l’unico vero deterrente temuto dai mafiosi (e proprio la storia delle stragi ce lo ricorda) i quali sono da sempre rassegnati a dovere scontare anche lunghi anni di carcere come prezzo della propria carriera criminale, ma hanno sempre temuto l’ergastolo perché li priva per sempre del potere acquisito e della possibilità di godere delle ricchezze accumulate.
E non possiamo dimenticare che proprio l’eliminazione dell’ergastolo e del 41 bis erano tra i punti del papello di richieste che Riina pretendeva dallo Stato per fermare le stragi.
Con la decisione della Consulta, 29 anni dopo gli attentati di Capaci e via d’Amelio, e 28 dopo quelle di Firenze, Roma e Milano del 1993, si dà compimento ai desiderata della mafia.
Qualcosa di inaccettabile. Ecco perché non possono esserci mezze misure. Ecco perché non si può arretrare su questo punto. Staremo a vedere ciò che accadrà. Il silenzio sulla lotta alla mafia da parte di ogni Governo che si è susseguito nel corso della storia non ci fa certo essere ottimisti. Del resto questo è il Paese delle trattative. Ed ora anche delle “Consulte anticostituzionali”.
E non è finita qui. Perché la Consulta, lo abbiamo già ricordato, ha passato nuovamente la palla al Parlamento. E’ in questa sede, dove Camera e Senato della nostra Repubblica approvano le leggi, che da qui ad un anno si giocherà la vera partita sull’ergastolo ostativo ed il futuro della lotta alla mafia. Perché è il Parlamento con il voto dei rappresentanti scelti dal popolo, a “dettare legge” sul potere esecutivo e giudiziario.
Sarà l’ultima occasione per la politica per dimostrare di voler dare un vero contributo verso la vittoria contro le mafie ed i suoi derivati.
Un’occasione per tutti i partiti, di maggioranza ed opposizione, dal Movimento dello pseudo cambiamento “Cinque Stelle” al “Pd”, da “Liberi e Uguali” a “Italia Viva”, dalla Lega a Fratelli d’Italia fino ad arrivare a Forza Italia (partito fondato da un uomo della mafia, Marcello Dell’Utri, e da uno che la pagava, Silvio Berlusconi) di voler dare una spallata definitiva a questa storia criminale di Sistema.
Ma forse è solo un sogno utopico. Certo è che nel 2022 avremo la “prova del nove”.
Se la politica voterà a favore di questo ennesimo scempio che offende i martiri caduti della nostra Patria verrà a tutti gli effetti sancito che il nostro Stato, escludendo quella parte della magistratura requirente e giudicante e le forze di polizia giudiziaria che rischiano la vita conducendo importantissime inchieste, è uno Stato-mafia.
Tratto da: Antimafiaduemila
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