Di Massimo Mazzucco
La buffonata della super lega è durata tre giorni. Di fronte alla reazione violenta delle loro tifoserie, le cosiddette “grandi squadre” del calcio europeo hanno dovuto fare una brutale marcia indietro. Soprattutto in Gran Bretagna, dove i tifosi l’hanno subito soprannominata “supergreed” (super-avidità), la marcia indietro è stata plateale: tutte e sei le inglesi hanno rinunciato nell’arco di poche ore.
In Italia si è sfilata anche l’Inter, ed è chiaro che a questo punto l’idea della super lega resta solo un brutto ricordo.
Ma come hanno potuto i dirigenti di queste squadre commettere un errore così madornale? Lo hanno commesso perché hanno peccato di presunzione. Hanno pensato che bastasse dire “noi siamo i più forti, e da oggi comandiamo noi” perché il mondo del calcio si inchinasse alla loro potenza complessiva.
Invece hanno scoperto una amara verità: i più forti sono i tifosi, perché sono loro che pagano gli ingressi agli stadi e gli abbonamenti ai canali televisivi, con i quali i giocatori si possono permettere stipendi miliardari.
Il calcio è diventato una macchina dello spettacolo talmente forte ed arrogante da dimenticarsi che senza i suoi tifosi cessa di esistere in un solo istante. E di fronte alla ribellione di coloro che gli pagano lo stipendio, le grandi superstar hanno dovuto fare marcia indietro.
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Se solo i popoli delle varie nazioni si rendessero conto che la stessa identica cosa vale anche per la politica, le nostre condizioni di vita cambierebbero immediatamente in ogni parte del mondo, almeno in quello occidentale.
I politici hanno bisogno del nostro voto (e del nostro consenso aggiungiamo noi) per andare a governare, esattamente come le squadre di calcio hanno bisogno degli abbonamenti per sopravvivere. Senza il nostro voto, i politici sarebbero soltanto dei manichini vuoti, senza il minimo potere. Il problema è che noi il voto continuiamo a darglielo, anche se soddisfano solo il 5% delle nostre esigenze. E con l’altro 95 ci fottono regolarmente.
Finché noi continueremo ad andare a votare “il meno peggio”, resteremo schiavi di questa dinamica. Solo nel momento in cui capiremo che il voto è qualcosa di prezioso, che va dato soltanto di fronte ad impegni e garanzie precise – e non a vaghe promesse fumose – quelli fottuti resteremo sempre noi.
Fonte: Luogocomune.net
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