di Albert Ifrim
Al giorno d’oggi il denaro sporco non solo non viene respinto ma addirittura viene ricercato diventando un sostegno dell’economia mondiale.
Antonio Maria Costa, ex direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e al crimine (Unodc) ha dichiarato nel 2009 che i guadagni delle organizzazioni criminali sono stati la fonte principale di liquidità di alcuni istituti finanziari per evitare il crack finanziario durante la crisi dei mutui subprime.
Nella lista degli istituti accusati negli anni di aver riciclato denaro illecito troviamo nomi importanti come la tedesca Deutsche Bank, l’inglese HSBC, la Citibank e la Bank of America.
Del resto è uno schema che si ripete per via delle sanzioni misere. La sola Wachovia Bank ha riciclato 378 miliardi di dollari provenienti dal traffico di droga. L’istituto bancario ne è uscito praticamente illeso versando nelle casse del governo americano circa 160 milioni di dollari, pari al 2 % del profitto annuale.
Grazie alla “procedura differita” imposta dal dipartimento del Tesoro americano gli amministratori hanno continuato a godersi yacht e jet privati dopo aver promesso di non ripetere lo stesso errore in futuro.
Una fuga di notizie
L‘inchiesta giornalistica condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), in collaborazione con BuzzFeed News, ha mostrato l’asservimento delle banche globali verso il sistema criminale.
Documenti segreti del governo Usa noti come FinCEN Files (rapporti di attività sospette segnalate dalle banche) hanno rilevato che alcune delle più grandi banche avrebbero movimentato somme sconvolgenti di denaro illecito destinate a reti criminali. Documenti che hanno svelato i movimenti di un mondo segreto di banche internazionali, organizzazioni criminali, terroristi, narcotrafficanti, evasori fiscali, oligarchi, dittatori e criminali di ogni genere.
“I profitti delle guerre mortali per la droga, le fortune sottratte ai paesi in via di sviluppo e i risparmi duramente guadagnati e rubati in uno schema Ponzi sono stati tutti autorizzati ad entrare e uscire da queste istituzioni finanziarie, nonostante gli avvertimenti ricevuti”, ha spiegato il team di giornalisti di Buzzfeed News e dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ).
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Cosa dicono i FinCEN Files
I file FinCEN rappresentano circa lo 0,02% degli oltre 12 milioni di rapporti di attività sospette segnalate tra il 2011 e il 2017.
In tutto, l’analisi ICIJ ha rilevato che i documenti identificherebbero più di 2.000 miliardi di dollari in transazioni eseguite tra il 1999 e il 2017 segnalate come possibile riciclaggio di denaro o altre attività criminali, di cui circa 1.300 miliardi gestiti dalla sola Deutsche Bank, segue JP Morgan con circa 514 miliardi.
Secondo le segnalazioni la maggior parte dei fondi riciclati sono stati registrati senza conoscere l’identità dell’intestatario del conto in paradisi fiscali offshore, come le Isole Vergini Britanniche.
In alcuni casi le banche avrebbero continuato a gestire fondi illeciti anche dopo diverse segnalazioni e multe da parte delle autorità di sorveglianza.
JP Morgan: una delle casse del denaro sporco per eccellenza
La più grande banca degli Stati Uniti è una delle protagoniste indiscusse nel riciclaggio di denaro in quanto è accusata di aver riciclato circa 514 miliardi di dollari dal 1999 al 2017.
Inoltre il colosso americano avrebbe favorito il saccheggio di fondi pubblici in Malesia, elaborando transazioni del valore di 1 miliardo di dollari per conto di aziende e personaggi coinvolti nel crack del fondo sovrano malese 1BDM, dal quale sparirono circa 4,5 miliardi di dollari. Minando la democrazia e favorendo la povertà.
Secondo i FinCen Files il colosso statunitense avrebbe gestito circa 2 milioni di dollari per conto di una compagnia energetica in Venezuela, accusata di aver truffato il governo e di aver causato blackout in tutto il paese.
E a prova di quanto siano irrisorie le sanzioni applicate dalle autorità, la banca avrebbe continuato a curare transazioni “oscure” anche dopo gli accordi raggiunti con le autorità statunitensi nel 2011, 2013 e 2014. “We aim to be the most respected financial services firm in the world…’’, che tradotto sarebbe “puntiamo a diventare la società finanziaria più rispettata al mondo…”: questo è lo slogan in evidenza sulla pagina web dell’istituto americano. Interessante e originale come la banca abbia deciso di raggiungere la meta sperata attraverso la corruzione e l’illegalità.
HSBC, la banca dei narcos
Nel 2012 dopo aver riciclato 881 milioni di dollari dei cartelli della droga latino-americani, la più grande banca europea, ha raggiunto un accordo con le autorità statunitensi per un patteggiamento da 1,9 miliardi di dollari.
Secondo i file desecretati la banca avrebbe continuato a gestire fondi “contaminati” anche dopo le sanzioni ricevute. La HSBC nel 2012, anno dello scandalo, ha chiuso i bilanci con un utile netto di circa 14 miliardi di dollari.
Dal consiglio di amministrazione ai responsabili di ogni reparto nessun condannato.
Nessuno come Deutsche Bank
A guidare l’Olimpo degli Dei finanziari corrotti troviamo il gigante tedesco.
Certo è che non gli mancano le qualità per esprimere al meglio questo ruolo.
Dal 2000, il patron, ha collezionato circa 18 miliardi di dollari tra multe e sanzioni. L’istituto vanta la partecipazione al clamoroso scandalo della filiale estone di Danse Bank, la banca danese al centro del più grande caso di riciclaggio in Europa, che ammonta a 230 miliardi di dollari.
Secondo i dati emersi 150 miliardi di dollari sarebbero passati attraverso una filiale statunitense della Deutsche Bank.
Il leader di questo settore è ora sospettato di aver riciclato circa 1.300 miliardi di dollari dal 1999 al 2017, secondo quanto emerso dall’inchiesta dell’International Consortium of Investigative Journalists.
Dalle spiagge di Palmi ai grattacieli di vetro di Francoforte
Roberto Recordare, imprenditore e proprietario di una società informatica con sede a Palmi, è il protagonista di un’informativa del 2018 depositata agli atti dell’inchiesta “Eyphemos”, della Dda di Reggio Calabria.
Gli investigatori del Commissariato di Palmi e della Squadra Mobile di Reggio Calabria riconoscono il ruolo fondamentale di Recordare nel maxiriciclaggio internazionale di cui si è servita la ‘Ndrangheta.
Nelle intercettazioni l’imprenditore ha dichiarato di essere in grado di gestire fondi per 500 miliardi di euro e di aver gestito un operazione da 136 miliardi di euro, di cui 36 miliardi in contante.
Dalle conversazioni è emerso infatti che le delicate operazioni di gestione dei flussi finanziari in questione necessitavano la partecipazione di “un tecnico specializzato abilitato ad operare nel dodicesimo livello’’. Durante le registrazioni Recordare ha affermato che il “suo uomo” è un tecnico della Deutsche Bank con sede a Francoforte, mostrando in questo modo quanto sia profonda la rete delle infiltrazioni della ‘Ndrangheta.
L’indagato rappresenta l’impegno della criminalità organizzata nella corruzione e nell’infiltrazione delle istituzioni e dell’economia legale.
Le mafie infatti oggi utilizzano un esercito di professionisti, ed è questa commistione che permette la creazione di un unico mercato mondiale dove criminali, imprenditori ed operatori economici collaborano nell’attività economica. La nuova mafia quindi è più sofisticata di un tempo ed opera negli investimenti internazionali, nei centri off-shore, nelle nuove tecnologie finanziarie come le criptovalute e le monete elettroniche o la high frequency trading (transazioni ad alta frequenza guidate da algoritmi).
Ma la collaborazione non avviene solo in ambito internazionale bensì anche nel territorio nazionale dove le mafie, grazie alle infiltrazioni, esercitano il controllo dell’attività economica tramite appalti e servizi pubblici, concessioni, autorizzazioni, rafforzando sempre di più i canali di riciclaggio.
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I riflessi del Coronavirus
Le ripercussioni del Covid-19 stanno aprendo la strada all’assalto di vasti settori dell’economia legale, come la sanità e le costruzioni.
Lo Stato deve intervenire stanziando fondi per tempo alle imprese in difficoltà impedendo alle mafie di entrare.
Le grandi catastrofi, come l’emergenza del Coronavirus, sono sempre state ottime occasioni per le mafie per rafforzare il proprio potere e per infiltrarsi nel tessuto economico, politico e sociale.
In questo momento le imprese sono in una grande situazione di fragilità in quanto essendo chiuse non possono raggiungere l’alto livello di garanzie e di interessi richiesti dalle banche.
Le imprese in questa condizione di crisi economica si rivolgono agli usurai, ed è qui che interviene la mafia attuando il “welfare mafioso”, che consiste nel prestare denaro per rilevare le imprese in difficoltà anche a tassi relativamente bassi in quanto lo scopo è quello di ottenere il consenso sociale.
“Pecunia non olet”
Ciò che si comprende è che alle banche conviene gestire fondi illeciti se il prezzo da pagare è questo. Che importanza ha se il denaro è macchiato dal sangue delle vittime del narcotraffico?
L’importante è perseguire i profitti a breve termine ad ogni costo e vedere il valore delle azioni salire, per soddisfare le aspettative degli azionisti.
E finché le sanzioni consistono nel pagare multe ridicole le banche inseriranno quest’ultime nei costi di gestione e continueranno ad impiegare denaro sporco nelle proprie attività.
Bisogna mettere dietro alle sbarre i presidenti, consiglieri e amministratori per far sentire il rischio delle operazioni illecite.
Andrebbero aboliti i paradisi fiscali offshore per garantire la massima trasparenza e tracciabilità delle operazioni finanziarie.
In conclusione quindi abbiamo visto come sia intricata la rete attraverso la quale i proventi illeciti penetrano ogni settore dell’economia, formando un sistema integrato inestricabile ed incontrollabile.
Ora più che mai è fondamentale la collaborazione dell’intera comunità internazionale per una strategia più ampia che sia adatta alla complessità e alla portata del sistema di riciclaggio mondiale.
Se ciò non avverrà al più presto vedremo l’economia mondiale “mangiata” dalla criminalità organizzata.
Tratto da: Antimafiaduemila
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